Perché si vedevano, cosa si dicevano, almeno per ora, resta un mistero. Bisogna limitarsi ai fatti. E quelli accertati dicono che Angelo Pellecchia, 57enne originario di Aversa, ma residente a Nettuno, ed Ernesto Parziale, 45enne con natali napoletani che vive ad Anzio, hanno frequentato Raffaele Lello Letizia, esponente di spicco del clan Schiavone (fazione Russo).

Presenze dei Casalesi

La vicenda è una costola dell’indagine sul business dei cartelloni pubblicitari messo in piedi da Mario Iavarazzo, dal dicembre dell’anno scorso collaboratore di giustizia. E grazie al suo pentimento è probabile che l’Antimafia, adesso, potrà avere un quadro più chiaro sul perché della presenza di Letizia ad Anzio.
Parlare, intrattenersi con un uomo degli Schiavone non è reato. Parziale, marito di Valentina Salsedo, assessore del Comune di Anzio, e Pellecchia (tutti non coinvolti in indagini su organizzazioni mafiose ed innocenti fino a prova contraria) erano e sono liberissimi di frequentare qualsiasi cittadino indipendentemente dalla fedina penale che ha. Ma in una città che ha registrato dal 2015 ad oggi (tra attentati ed intimidazioni) 20 episodi di violenza, comprendere perché un mafioso del calibro di Lello Letizia abbia scelto di risiedervi per anni (prima di finire di nuovo in cella) e, secondo la Dda, di investire denaro pure in un locale (quel bar Roma dove è stato sorpreso in varie occasioni), è il minimo.
La ‘ndrangheta
I Casalesi, se la Procura distrettuale dovesse riuscire a dimostrare la loro presenza imprenditoriale sul territorio (e non solo fisica), non sono, però, l’unico problema per Anzio. La Cassazione ha accertato che la ‘ndrangheta già nello scorso decennio aveva disteso i propri tentacoli sul litorale romano. La sentenza di secondo grado del processo Appia per 17 imputati (complessivamente hanno incassato circa 2 secoli di carcere) è stata confermata dalla Suprema Corte. Al centro dell’inchiesta che ha innescato il processo ci sono le attività dei gruppi Gallace e Novella con radici in Calabria ma attivi tra Nettuno ed Anzio. Alcuni degli imputati che, a seguito del verdetto irrevocabile devono finire in carcere, non sono stati ancora individuati dalle forze dell’ordine. Sono latitanti.
Attentati e intimidazioni
Una zona calda il litorale laziale. Soprattutto negli ultimi anni. L’escalation di violenze inizia nel 2015, con i colpi di pistola, esplosi da ignoti, contro la casa di Alberto Alessandroni, all’epoca assessore ai lavori pubblici di Anzio. A marzo dello stesso anno un’auto a Nettuno venne incendiata. Ad aprile ancora proiettili esplosi contro un centro di riabilitazioni di Anzio. A settembre del 2015, tornando a Nettuno, a prendere fuoco fu una moto. Due mesi dopo un raid incendiario in via Traureu che distrusse le vetture di un geometra.
Nella notte fra il 9 e il 10 dicembre del 2017 alcuni sconosciuti spararono due colpi di fucile contro la vetrina di una fraschetteria di Anzio.
Il 2 febbraio del 2018 viene incendiata una vettura della guardia di finanza parcheggiata davanti alla Compagnia di Nettuno. Due mesi dopo una bomba carta esplose nei pressi di negozio di alimentari a piazza del Consorzio. A maggio fu ridotta in cenere la Smart di un dirigente della polizia di Nettuno.
A settembre di due anni la segretaria comunale Maria Inches, in quel periodo in servizio ad Anzio, ricevette una busta con all’interno un proiettile. Stessa dinamica usata per cercare di fermare Lina Giannino, consigliere di opposizione: lo scorso 20 novembre si è vista recapitare una missiva con all’interno un proiettile. E questi sono soltanto alcuni dei brutti episodi che hanno colpito le due città.