Restina: Franco Cocozza mi fu indicato dagli Zagaria. L’inchiesta sui Diana nata sulle tracce del commercialista

Con il collega Iovine ha messo in piedi la Panacea Srl: tra i soci c’è il cugino del ras Giovanni Garofalo. I due professionisti hanno lasciato Aversa per fare fortuna in Toscana. A consigliarli su come e dove investire al nord c’era Luca Turchi

CASAPESENNA – Professionisti di successo, capaci. E in altro modo i commercialisti Franco Cocozza, 54enne nato a San Cipriano d’Aversa, e Francesco Iovine, 53enne di Villaricca, non potrebbero essere definiti. Quelli bravi davvero, quando lasciano casa si affermano pure in terra straniera. E loro lo hanno fatto mettendosi alle spalle il Casertano e puntando verso la Toscana: a Siena hanno investito ingenti risorse economiche in operazioni commerciali ed immobiliari.

La rete

Sicuramente abili tecnicamente. Conoscono la teoria, hanno fiuto per gli affari. Ma soprattutto fuoriclasse nelle relazioni. Perché se al Nord hanno macinato quattrini su quattrini è grazie alla rete di conoscenze intrecciata con pazienza giorno dopo giorno. Rapporti che hanno garantito ai due entrature profonde nel mondo finanziario e politico del territorio senese.
Cocozza e Iovine, da Aversa, la loro originaria base professionale, in Toscana avevano portato il capitale da investire. E in poco tempo sono stati abili ad attorniarsi di soggetti (conoscitori del posto) che indicavano come e dove farlo. Tra questi spicca Luca Turchi, commercialista 53enne. Proviene da una famiglia importante della città del Palio. Il padre, Carlo Luigi, è stato per diverso tempo sindaco revisore del Monte dei Paschi di Siena e vicino a Massimo D’Alema, ex segretario dei Ds.

Il quantitativo di affari fatto dal duo Cocozza-Iovine in terra toscana ha richiamato l’attenzione del Gico di Firenze. In realtà se sono finiti sotto la lente delle fiamme gialle è stato per la loro relazione con Turchi.

La genesi: Piombino

Andiamo con ordine. Nel 2015 la guardia di finanza, su delega della Dda, era impegnata in un’indagine tesa a verificare eventuali collegamenti tra una società fiorentina, attiva nella trasformazione e nel commercio di materiali ferrosi, e la criminalità organizzata. Nel corso dell’attività investigativa è emerso che uno dei titolari di quell’azienda intratteneva rapporti con Turchi (che, chiariamolo subito, nulla c’entra con la criminalità organizzata) finalizzati alla costituzione di un consorzio per gestire i lavori di bonifica nella zona industriale di Piombino.

Si parte con un obiettivo, ma ascoltando conversazioni, esaminando documenti, a volte si arriva a conclusioni diverse, o quanto meno si prende coscienza che dal filone iniziale possono nascerne altri. Nelle inchieste complesse succede spesso. E anche in questo caso, mentre i finanzieri si dedicavano all’azienda siderurgica e alle bonifiche di Piombino, la loro attenzione è stata attratta da contatti tra Turchi, Cocozza e Iovine. Un trio, sostiene il Gico, messo in piedi per rilevare attività nel settore turistico e nella ristorazione nel territorio toscano.

In società con la figlia di Angelo Tamburrino

I due commercialisti casertani avevano liquidità. Soldi disponibili. Capitali da sfruttare. Turchi si occupava delle ricerche di mercato. Tra le società usate per concretizzare questi affari (soprattutto per gestire alcuni ristoranti a Siena), le fiamme gialle hanno indicato la Cucina srl. Costituita nel novembre del 2014, il suo 30 percento è di proprietà di Cocozza e Iovine (15 percento a testa), il restante, invece, è di Giuseppina Tamburrino, figlia di Angelo, 49enne, con un passato, dicono gli inquirenti, vicino alla fazione Ferrara del clan dei Casalesi attiva a Parete.

Il rapporto con Grassi

Monitorando i commercialisti aversani, il Gico, delegato dal pm Giulio Monferini, ha accertato anche la loro frequentazione con Massimiliano Grassi, 53enne originario di San Cipriano e residente a Formia, pure lui commercialista. Nel 2008 venne coinvolto in un’inchiesta sul clan Iovine. Dal 2012 al 2015, inoltre, ha percepito provvigioni dall’Ad Plus, altra società per l’83,33 percento di Cocozza e Iovine e per il 16,67 percento di Giuseppe Esposito, 56enne di Parete.

Panacea

Nella schiera di aziende a disposizione dei professionisti aversani c’è la Panacea srl: il 51 percento è della Joco srl, costituita a settembre del 2010, con sede legale ad Aversa e poi portata a Siena, interamente di proprietà di Cocozza e Iovine. Il 30 percento, invece, è di Antonella Montibello, e il 19 percento dell’architetto Luigi Diana.
Secondo i finanzieri, la Panacea srl, sfruttando le abilità di Donato Montibello, fratello di Antonella, e le sue entrature negli ambienti governativi, è riuscita ad ottenere importanti commesse di lavoro dalla società Aubay Italia Spa, che svolge attività di consulenza nel settore della tecnologia dell’informatica*.

La svolta dell’inchiesta: ‘Operazione Minerva’

Ed è a questo punto che l’inchiesta, iniziata con Piombino, dirottata sugli affari del duo Cocozza-Iovine, tesa a capire da dove provenissero i tanti soldi che erano in grado di mettere sul tavolo, prende la direzione finale e diventa ‘Operazione Minerva’.
Qual è l’elemento che la fa ‘svoltare’? La presenza nella Panacea srl di Luigi Diana, 42enne, residente a Casapesenna ma di fatto domiciliato a Bagno a Ripoli, in provincia di Firenze.

E’ il nipote di Giggino ‘o diavolo (suo omonimo), per la Dda contiguo alla fazione di Michele Zagaria del clan dei Casalesi. Diana è anche cugino di primo grado di Giovanni Garofalo ‘o marmularo, elemento di vertice del clan dei Casalesi uomo di fiducia del boss Zagaria.

A legare Cocozza e Iovine con Diana non ci sarebbe solo la Panacea, ma anche altri affari svolti sul territorio toscano. Nel 2016, ad esempio, i commercialisti lo incaricarono di realizzare una farmacia nella città di Quarrata, in provincia di Pistoia, di proprietà di una dottoressa aversana e di un napoletano. E l’architetto decise di coinvolgere nel cantiere suo cugino Raffaele, 38enne che vive tra Casapesenna e Castelfranco Emilia, in provincia di Modena.

La holding di Esposito e dei Diana

Il Gico, seguendo Raffaele, è arrivato a tracciare la ‘holding occulta’ che con il fratello Giuseppe, fidanzato di Raffaella Zagaria (nipote di Michele Zagaria), e con Antonio Esposito, avrebbero messo in piedi in terra toscana. Si tratta di una rete di società, sostiene la Dda di Firenze, in grado di accaparrarsi importanti lavori al Nord (anche in Emilia Romagna) e di attivare un sistema di false fatturazioni per produrre contanti da reinvestire comprando immobili (pure a Roma) e terreni. Il tutto, dice il pm Monferini, per agevolare il clan dei Casalesi. L’indagine lo scorso 21 gennaio ha portato all’esecuzione di 34 misure cautelari e al sequestro di 8 milioni di euro di beni. Provvedimenti che non hanno riguardato Cocozza e Iovine (estranei all’indagine sulla presunta holding ed innocenti fino a prova contraria). A finire in cella sono stati i fratelli Raffaele e Giuseppe Diana, Esposito e Guglielmo Di Mauro ‘o putecaro.

Se non compaiono Cocozza e Iovine, nell’inchiesta, invece, è coinvolto (a piede libero) Luigi Diana: all’architetto viene contestato il reato di trasferimento fraudolento di beni in relazione alla società Oricon.

I pentiti del clan

Negli atti dell’operazione Minerva sono state inserite le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia che parlano di Cocozza. Il primo a farlo (era il 19 marzo del 2018) è stato Generoso Gerry Restina, ex vivandiere di Michele Zagaria: “Mi fu indicato (Cocozza, ndr)… io avevo un commercialista che conoscevo, quando dovevo aprire l’Aurora Service (la ditta che si sarebbe occupata delle pulizie nel centro commerciale Jambo per conto di Zagaria)… avevo una persona più amica che proposi. Dissi possiamo fare… Cioè mi posso rivolgere a questo”. I fratelli Zagaria, che all’epoca Restina ospitava nella sua casa di via Colombo, in prima battuta gli dissero ok. Poi, ha raccontato al pm, gli diedero un’altra indicazione: “No… Fai una cosa: ci sta questo commercialista, si chiama così. Rivolgiti a lui, non ti preoccupare, dicono che è bravo. C’ha lo studio ad Aversa. […] Quando mi dissero questo Franco Cocozza, io non ricordavo neanche il cognome, però lo conosco, in quanto è sposato con una mia cugina. […] Quando mi recai all’ufficio di questo e ci incrociammo ‘oh Gerry’, ‘eh Franco’, ‘ah tu sei’. […] Poi collegai Cocozza. Però… lì per lì, quando Zagaria mi mandò da lui, mai a pensare che era quel Franco che conoscevo. […] C’era anche un socio di questo Franco, io personalmente non l’ho mai conosciuto. L’avrò intravisto qualche volta lì, ma neanche che mi ricordo, che penso, forse, più questo aveva qualche cosa a che vedere con il clan… Però resta un mio pensiero”.

Dopo Restina, il18 maggio 2018, a riferire su Cocozza è stato Michele Barone, ex affiliato del clan. “Io personalmente non ci ho avuto rapporti a livello malavitoso, però ricordo che c’è stato un periodo che interessava a Michele Zagaria… Non mi ricordo se Filippo Capaldo, che è il nipote di Michele… Comunque c’è stata una parentesi dove Cocozza interessava Zagaria”. Con il boss, ha raccontato il pentito, avrebbe avuto rapporti di natura commerciale. “Sempre nel settore fatture, qualche ditta che gestiva lui, qualcosa”. Barone, rispondendo alle domande del pm Monferini, ha chiarito di non sapere se il boss avesse incontrato o meno direttamente il commercialista. Ma ha spiegato che “tutti i rapporti con le persone ‘pulite’ li teneva Capaldo e Pasquale Zagaria”. “Quando si incontravano con il commercialista o con un notaio – ha affermato Barone -, nessuno di noi affiliati ci tenevano rapporti”.

Le dichiarazioni di Restina e Barone non sono vangelo. Non è da escludere che siano bugie. Agli investigatori il compito di approfondire e valutarle.

Cocozza, Francesco Iovine, Luca Turchi, e i fratelli Antonella e Donato Montibello per la Dda di Firenze sono estranei a contesti mafiosi. Stesso discorso vale per le società (Panacea, Aubay Italia, Cucina e Ad Plus) Ma l’analisi delle loro figure, tutte attenzionate dal Gico, è stata fondamentale nel percorso compiuto dalla Procura distrettuale di Firenze per tracciare l’operazione Minerva e svelare l’ipotizzata holding di Antonio Esposito e dei fratelli Giuseppe e Raffaele Diana (con la quale, ripetiamo, Cocozza e compagnia, non hanno nulla a che fare).

Luca Turchi

LA NOTA DI AUBAY ITALIA

  • *In merito all’articolo dal titolo ‘Restina: Franco Cocozza mi fu indicato dagli Zagaria. L’inchiesta sui Diana nata sulle tracce del commercialista’, la società Aubay Italia SpA, con una nota inviata alla nostra redazione, ha sostenuto di essere “totalmente estranea alle indagini della Guardia di Finanza e che contrariamente a quanto inopinatamente scritto nell’articolo, giammai la società Panacea srl ha ricevuto dalla medesima Aubay importanti commesse di lavoro”. Nell’articolo indicato era già stato chiarito in modo esplicito che l’Aubay Italia Spa fosse estranea all’inchiesta trattata nel brano. In merito al rapporto con la Panacea Srl, l’articolista si è limitato a ripercorrere quanto presente negli atti redatti dal Nucleo di polizia tributaria (Gico) di Firenze, delegato dal sostituto procuratore Giulio Monferini della Direzione distrettuale antimafia.
    In calce alleghiamo uno stralcio del documento a cui si fa riferimento nel brano.


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