ROMA – È giusto chiedere alle Istituzioni di occuparci di noi, ma “è anche bene ricordare che le Istituzioni, in fondo, siamo noi stessi; e che riflettono quanto – noi – siamo stati capaci di fare, per il bene comune”. È l’incipit da cui l’Italia deve ripartire dopo la pandemia, i defunti, la mancanza di libertà, il dolore e le privazioni e la perdita del lavoro, e Sergio Mattarella lo fa parlando con i ragazzi durante del programma “La Banda dei Fuoriclasse”, in onda su Rai Gulp, in occasione dei 75 anni della nascita della Repubblica. Il capo dello Stato prepara il suo discorso per il 2 giugno, parole attese perché si preannunciano importanti.
Non sarà tuttavia ‘l’ultimo canto del cigno’ secondo l’interpretazione di alcuni, piuttosto un discorso importante, perché la ricorrenza merita parole di solennità e di rilievo. L’inquilino del Colle quest’anno si ritroverà nel cortile d’onore del Quirinale, niente parata solo la consueta deposizione in mattinata al Milite Ignoto all’altare della Patria.
Anche quest’anno i giardini del palazzo dei Papi resteranno chiusi, ma a differenza del 2020 i festeggiamenti della Festa della Repubblica avranno quel sapore di ripartenza e speranza, che Mattarella intende sottolineare parlando agli italiani mercoledì, mentre di fronte a se avrà il governo di Mario Draghi schierato.
Un bilancio storico e politico, certamente improntato su quella forza che l’Italia ebbe nel 1946, uscendo dalla guerra e dalla dominazione fascista, la stessa che Mattarella invita a riscoprire grazie al senso di comunità e alla voglia di rivalsa contro un virus ora domato, ma non ancora sconfitto.
“Ogni stagione, ha i suoi problemi, e le sue difficolta’, anche gravi; ma presenta, anche, dei risultati importanti”, dice Mattarella cercando di valorizzare quanto di buono gli italiani sono riusciti a mettere in campo nei momenti più bui. Non solo il lavoro di governo, parlamento e istituzioni, insomma, la vera spinta della rinascita parte dal basso, come accadde del ’46. E non è un caso che l’ inquilino del Colle a due giorni dalla celebrazione del 2 giugno, citi un giovane Presidente degli Stati Uniti, appena eletto, John Kennedy, che nel 1961 “pronunzio’ parole di grande significato: ‘Non chiederti cosa puo’ fare il tuo Paese per te. Chiediti, cosa puoi fare tu per il tuo Paese'”.
Il discorso del capo dello Stato sarà dunque corposo, circa 20 minuti, toccherà diversi punti tra questi quello del multilateralismo, ingrediente fondamentale che l’intera Europa è riuscita a riscoprire – non senza difficoltà- e utilizzare con saggezza per combattere il virus. La stessa saggezza e lo stesso spirito di condivisione che fu quello dei padri fondatori dell’Unione. Il parallelismo è quanto mai scontato se ristretto ai nostri confini nazionali. L’esecutivo in carica raccoglie diverse anime e, fatta salva la dialettica politica – forse spesso troppa cruda e scomposta come ha rilevato Mattarella a Brescia -, deve guardare proprio al faro che guido i padri fondatori nella ricerca del bene comune.
Una critica è tuttavia arrivata proprio parlando a giovani ragazzi, un nodo che in Italia resta difficile da sciogliere: “La parita’ di diritti, tra donne e uomini, nelle leggi italiane, e’ piena ed e’ stata raggiunta da molti anni, in base alla Costituzione. Non e’ invece ancora cosi’, per la sua, concreta, realizzazione”. Fare di più insomma è bene, perché secondo Mattarella “sono necessari altri interventi. Per esempio strumenti, adeguati, per la conciliazione tra lavoro e vita familiare. C’e’ ancora strada, molta strada, da fare”.
E rimarrà deluso chi ipotizza che il presidente farà riferimento alla fine del suo settennato e al futuro del Quirinale. Non saranno le celebrazioni della festa della Repubblica la sede opportuna. Per quello bisognerà aspettare semmai il discorso di fine anno.(LaPresse)