2 novembre, il Papa al cimitero militare francese: “Tombe gridano pace, basta armi”

"Queste tombe gridano pace". Tra le lapidi del cimitero militare francese di Roma, su Monte Mario, Papa Francesco commemora tutti i defunti e, di nuovo, lancia al mondo un appello al disarmo

. (AP Photo/Alessandra Tarantino)

CITTA’ DEL VATICANO – “Queste tombe gridano pace”. Tra le lapidi del cimitero militare francese di Roma, su Monte Mario, Papa Francesco commemora tutti i defunti e, di nuovo, lancia al mondo un appello al disarmo: “Oggi la predica dovrebbe essere guardare le tombe, alcuni hanno il nome altri no, ma queste tombe sono un messaggio di pace, fermatevi fabbricatori di armi, fermatevi”.

Costruito e inaugurato dal governo italiano alla fine della Seconda Guerra mondiale, il cimitero rende omaggio ai soldati che hanno combattuto contro il regime nazista durante la Campagna d’Italia, tra novembre 1943 e luglio 1944. Tra i marmi, tutti uguali, il Papa si sofferma su una croce che porta la scritta ‘Inconnu. Mort pour la France. 1944’: “Neppure il nome. Nel cuore di Dio c’è il nome di tutti noi, ma questa è la tragedia della guerra”, riflette.

“Questa brava gente è morta in guerra – scandisce Francesco -, chiamata a difendere la patria, i valori e gli ideali. E tante altre volte a difendere situazioni politiche tristi. Sono le vittime, le vittime della guerra che mangia i figli della patria. Sono sicuro che tutti questi soldati che sono andati in buona volontà, chiamati dalla patria per difenderla, sono col Signore”.

Nell’omelia pronunciata a braccio, come fa solitamente in occasione del 2 novembre, il Papa descrive la vita come un “cammino” e invita a non persersi in “passeggiate” o “labirinti”: “Il consiglio di questo cimitero è ‘tu che passi pensa ai tuoi passi’. Qualcuno può dirmi ‘padre, non sia così tragico’, l’importante è che l’ultimo passo ci trovi in cammino”.

Ed essere in cammino, insiste, significa anche lottare perché “non ci siano più guerre”, lottare perché “non ci siano le economie dei Paesi fortificate dall’industria delle armi”.

di Maria Elena Ribezzo

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