Roma, 29 mar. (LaPresse) “La minaccia del terrorismo islamico non solo è cogente e costante, ma ci accompagnerà per un periodo non breve. E sottolineo, non breve. Il quadro che abbiamo è cambiato. Da almeno quattro, cinque mesi, in Rete, è ripresa con forza la propaganda dell’Isis che invita a guardare Roma come obiettivo fortemente simbolico della campagna del terrore”. Così il ministro degli Interni Marco Minniti in un’intervista a Repubblica. “Ora che il voto del 4 marzo è passato, auspico un collettivo e sincero bagno democratico di tutte le forze politiche che sottragga termini come terrorismo, migrazione, sicurezza, libertà, al chiasso della propaganda – continua – Auspico che chi siederà qui al mio posto voglia convenire non solo sul quadro che abbiamo di fronte, sulla sua complessità, sulla natura della minaccia, ma sul fatto che le questioni che passano da questo ministero debbano essere sottratte non alla politica, ma a una sua idea partigiana o propagandistica”.E insiste: “auspicherei che chi arriverà qui non venga colto dalla cosiddetta ‘sindrome da anno zero’, quella per cui si butta tutto ciò che si è fatto per dare l’impressione che cominci una nuova stagione”.
– “Ci sono tra i 25 e i 30 mila foreign fighters che, di fronte a una rotta militare, si preparano a una diaspora individuale verso l’Europa che, necessariamente, sfrutterà le rotte rimaste aperte – sottolinea Minniti – Dunque, quella del Mediterraneo centrale. Il che pone l’Italia in una posizione ancora più cruciale e indica il controllo dei confini libici, settentrionali e meridionali, come una priorità della nostra sicurezza nazionale. E tutto questo, per non parlare dei lupi solitari”. Sulla situazione Libica: “non mi nascondo né le fragilità, né l’inaccettabilità di quello che ancora accade in Libia. Ma se sedici mesi fa qualcuno avesse detto che avremmo avuto la presenza dell’Unhcr o dell’Oim sulle coste libiche, che il nostro Paese avrebbe inaugurato un corridoio umanitario, che aiuti italiani avrebbero raggiunto città libiche sin lì governate da trafficanti di esseri umani, che sarebbero calati arrivi e morti in mare, che il nostro modello di prevenzione, come hanno dimostrato le circostanze in cui è stato intercettato Anis Amri, e le operazioni di questi giorni, avrebbe dimostrato che il prezzo da pagare non è stata una condizione di eccezione allo stato di diritto, forse pochi ci avrebbero scommesso. È la dimostrazione che non c’è nulla di immutabile. E soprattutto che terrorismo e migranti richiedono un governo della testa e non della pancia”.