Gaza, 13 apr. (LaPresse) -Migliaia di palestinesi si sono radunati alla frontiera tra la Striscia di Gaza e Israele, nella terza settimana consecutiva delle proteste legate alla Marcia del ritorno. I dimostranti hanno lanciato pietre contro la barriera di separazione controllata dai soldati israeliani, che hanno sparato proiettili versi e usato mezzi di dispersione della folla tra cui gas lacrimogeni. Secondo il ministero della Salute di Gaza, almeno otto manifestanti palestinesi sono stati feriti dagli spari dei militari, di cui uno alla testa. La maggior parte dei dimostranti arriverà, secondo le previsioni, nel pomeriggio dopo le preghiere. Le forze armate israeliane hanno dispiegato massicce forze di sicurezza alla barriera di separazione tra l’enclave palestinese e lo Stato ebraico, dispiegando anche cecchini e carri armati.
Venerdì scorso, secondo i media israeliani, sono stati circa 20mila i palestinesi che hanno protestato al confine, mentre la settimana prima erano stati stimati in circa 30mila. Sono 33 i palestinesi uccisi dalle forze di sicurezza israeliane e centinaia quelli feriti in quelle manifestazioni, mentre tra gli israeliani non ci sono vittime. Tra i morti c’è anche un giornalista, Yasser Murtaja, che secondo testimoni e fotografie diffuse dai media indossava un segno identificativo della stampa quando è stato colpito dagli spari. Israele ha affermato che si trattasse di un membro di Hamas, senza fornire prove, mentre una federazione giornalistica internazionale ha riferito che nel 2015 fu malmenato e picchiato dalla polizia di Hamas. I gruppi per i diritti umani hanno fortemente criticato l’uso della forza da parte di Israele, che ha respinto le richieste di indagini indipendenti da parte di Ue e Onu.
La fine ufficiale delle proteste è fissata al 15 maggio, quando i palestinesi ricordano la Nakba, la ‘catastrofe’, a ricordo dell’esodo di 700mila persone espulse dai loro terreni durante la guerra del 1948 in cui fu creato lo Stato di israele. Gaza è sotto blocco israeliano da oltre 10 anni, e il suo confine egiziano è ugualmente quasi sempre chiuso negli ultimi anni. Ieri Il Cairo ha annunciato la riapertura per tre giorni del valico di Rafah, per motivi ‘umanitari’.