Milano, 17 apr. (LaPresse) – Secondo un rapporto diffuso da Amnesty International, donne e bambine sospettate di avere legami col gruppo armato Stato islamico non ricevono aiuti umanitari, non possono tornare a casa e subiscono in gran numero violenza sessuale. Il rapporto, intitolato ‘Le condannate: donne e bambine isolate, intrappolate e sfruttate in Iraq’, rivela l’enorme discriminazione praticata dalle forze di sicurezza, dal personale dei campi profughi e dalle autorità locali nei confronti delle donne sospettate di essere affiliate al gruppo jihadista. Amnesty International ha rilevato che in tutti gli otto campi profughi visitati è stato praticato lo sfruttamento sessuale. “La guerra contro lo Stato islamico sarà pure finita, ma la sofferenza dei civili iracheni no. Donne e bambine sospettate di avere legami con lo Stato islamico vengono punite per reati che non hanno commesso”, ha dichiarato Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche sul Medio Oriente di Amnesty International.
“Cacciate dalle loro comunità, queste persone non sanno dove andare e a chi rivolgersi. Sono intrappolate nei campi, ostracizzate e private di cibo, acqua e altri aiuti essenziali. Questa umiliante punizione collettiva rischia di gettare le basi per ulteriore violenza e non aiuta in alcun modo a costruire quella pace giusta e duratura che gli iracheni desiderano disperatamente”, ha proseguito Maalouf. Il rapporto illustra la sofferenza di migliaia di nuclei familiari guidati da donne costrette a badare a sé stesse e ai propri figli nei campi profughi dopo che i loro parenti maschi sono stati uccisi, sottoposti ad arresti arbitrari o fatti sparire durante la fuga dalle zone una volta controllate dallo Stato islamico a Mosul e nei dintorni. ,In molti casi, il “reato” commesso dagli uomini è stato quello di fuggire dalle roccaforti dello Stato islamico, di avere un nome simile a quelli presenti nelle discutibili liste dei ricercati o di aver lavorato per conto dell’Isis come cuoco o autista.
Dalle ricerche di Amnesty International è emerso che le donne e le bambine presenti nei campi profughi non ricevono cibo e cure mediche a causa dei loro presunti legami con il gruppo estremista. Inoltre, questi gruppi familiari non ottengono carte d’identità o altri documenti necessari per poter lavorare e muoversi liberamente. Almeno un campo è di fatto un centro di detenzione, poiché a quelle famiglie viene impedito di uscire. Disperate e isolate, le donne corrono elevati rischi di essere sfruttate sessualmente da parte delle forze di sicurezza, del personale armato dei campi e da miliziani presenti all’interno e all’esterno di quelle strutture. In ciascuno degli otto campi visitati, Amnesty International ha incontrato donne costrette o spinte ad avere rapporti sessuali in cambio di denaro, aiuti e protezione.
Queste donne rischiano anche di essere stuprate. Quattro di loro hanno riferito ad Amnesty International di aver assistito a stupri o di aver sentito le urla di una donna, in una tenda vicina, stuprata a turno da uomini armati, personale del campo o profughi di sesso maschile. Molte delle donne incontrate da Amnesty International nei campi profughi hanno espresso timore per la loro sicurezza: “A causa della loro presunta affiliazione allo Stato islamico queste donne stanno subendo trattamenti discriminatori e disumanizzanti da parte di personale armato che opera nei campi. In altre parole, coloro che dovrebbero proteggerle diventano predatori”, ha commentato Maalouf. “Il governo iracheno deve dimostrare di fare sul serio quando parla di porre fine alle violenze contro le donne nei campi profughi. Deve processare i responsabili e impedire agli uomini armati di entrare all’interno dei campi”, ha sottolineato ancora.