Messina, 20 apr. (LaPresse) – I carabinieri di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 14 soggetti ritenuti responsabili a vario titolo di tentata estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di valori. Tre di loro sono stati portati in carcere, 11 sottoposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Il provvedimento scaturisce dagli esiti di una complessa indagine condotta nei confronti della famiglia mafiosa di Mistretta (Messina) che ha permesso di svelare un tentativo di estorsione – posto in essere da un consigliere comunale di Mistretta, tuttora in carica, in concorso con altri due soggetti, di cui uno già destinatario di un provvedimento di sequestro dei beni – ai danni di 2 imprenditori edili, aggiudicatari dell’appalto, del valore di circa 1 milione di euro, indetto dal Comune e finanziato dall’Unione Europea per la riqualificazione dei 12 siti ove sono installate le opere d’arte contemporanea che costituiscono il noto percorso culturale Fiumara d’Arte.
Le indagini, che avevano già portato all’arresto di una coppia di imprenditori edili per trasferimento fraudolento di valori, hanno permesso di documentare l’intestazione fittizia, in favore di 11 complici, di due locali notturni e uno stabilimento balneare ed un’attività di compravendita di auto usate, ubicati sulla fascia tirrenica della provincia di Messina. E’ stato anche eseguito un decreto di sequestro preventivo disposto nei confronti delle medesime attività commerciali, del loro compendio aziendale, dei conti correnti e depositi bancari, nonché di 5 autovetture nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di oltre 2 milioni di euro.
L’inchiesta è stata avviata nel settembre 2015, quando un coppia di coniugi imprenditori edili si è rivolta ai carabinieri raccontando di essere vittima di un tentativo di estorsione. Gli imprenditori si erano aggiudicati l’appalto indetto dal Comune di Mistretta per i lavori di valorizzazione e fruizione di Fiumara d’Arte, in seguito era stata avvicinata dal consigliere comunale di Mistretta Vincenzo Tamburello che aveva spiegato come la ditta che aveva ottenuto l’appalto prima del suo ricorso aveva già versato la somma di 50.000 euro ad alcuni soggetti del luogo, i quali li avevano successivamente restituiti dal momento che quella ditta era stata poi estromessa dai lavori. Pertanto Tamburello aveva richiesto ai due di corrispondere la somma di 35.000 euro ad una “signorina” che li avrebbe usati per le spese legali per il fratello carcerato. Il consigliere avrebbe pèoi imposto agli imprenditori l’assun zione di tre operai e l’acquisto del cemento presso l’impianto dei fratelli Lamonica.
Le indagini hanno permesso di identificare la citata “signorina” in Maria Rampulla, deceduta nel maggio del 2016, sorella di Pietro (condannato per essere l’artificiere della strage di Capaci ed all’epoca dei fatti detenuto) e di Sebastiano, storico capo della “famiglia di Mistretta” deceduto nel 2010. Gli ulteriori due complici sono stati identificati in Giuseppe Lo Re detto Pino, personaggio ritenuto intraneo all’associazione mafiosa e colpito da una misura di prevenzione personale e patrimoniale nel 2015 e dalla zia di questi, Isabella Di Bella, una cartomante di Acquedolci, alla quale, durante le vicissitudini che avevano preceduto l’aggiudicazione dell’appalto, l’imprenditrice si era rivolta per domandare quale sarebbe stata la sorte della controversia sull’appalto. La Di Bella, avendo appreso di questa situazione, la volgeva a proprio favore, facendo apparire necessario ai coniugi, l’intervento del nipote presentato come persona di rispetto ed in grado di intervenire in loro favore in relazione all’aggiudicazione dell’appalto ed al contenzioso aperto di fronte al Tar