Roma, 27 apr. (LaPresse) – Il presidio permanente prenderà il via alle ore 10 per opporsi alle intenzioni espresse dall’Avvocatura di Stato che danno seguito alla sentenza n. 11 dell’Adunanza Plenaria del 20 dicembre scorso. Perché senza un intervento della politica decine di migliaia di maestre e maestri con diploma magistrale, tra cui circa 5.600 già immessi in ruolo, sono destinati ad uscire dalle GaE e a perdere il loro lavoro. Allo stesso modo, tantissimi altri precari abilitati all’insegnamento, attraverso i corsi Tfa, Pas, in Scienze della formazione primaria e all’estero, si vedono chiudere le porte dell’assunzione a tempo indeterminato, pur avendone pieno diritto.
Per tali motivi, il sindacato Anief dà pieno sostegno all’iniziativa di domani, alla quale nelle ultime ore hanno aderito anche diverse associazioni di categoria, tra cui Adida e Mida, e pure il Coordinamento Genitori Nazionale, i cui componenti si dicono “indignati da questo provvedimento”. Anief, inoltre, ha deciso di aderire allo sciopero del 2 e 3 maggio, il terzo in cinque mesi, con manifestazione di protesta conclusiva a Roma in programma giovedì prossimo. Alla protesta estrema, lanciata dal Coordinamento nazionale dei diplomati magistrale abilitati, hanno detto che aderiranno anche gli insegnanti abilitati con il Tfa e Pas.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Occorre che il Parlamento avvii un’interrogazione per chiedere al Governo di intervenire nei giudizi correnti per attuare la sospensione dei ricorsi pendenti, in attesa della sentenza della Cassazione, della Cedu e della decisione del Parlamento europeo sul reclamo collettivo. In ballo c’è anche la condanna dello Stato italiano per via della violazione delle direttive comunitarie sui contratti a termine, visto che la grande maggioranza di questi insegnanti precari ha superato la soglia dei 36 mesi di supplenze anche non continuativo. Nel frattempo, chiediamo ai parlamentari, molti dei quali ‘freschi’ di nomina e sicuramente attenti alla salvaguardia dello stato di diritto, di invitare il Governo ad approvare un decreto legge. Oppure, un ddl attraverso l’approvazione urgente da parte di una commissione deliberante speciale, in modo da evitare che scattino i licenziamenti. Bisogna fare in fretta: non si può aspettare che arrivi il 30 giugno.