ROMA (Loredana Lerose) – Due le certezze emerse durante la riunione fiume di ieri: nessun accordo di governo né con il M5S né con il centrodestra a trazione leghista e nessuna conta interna fino alla prossima assemblea nazionale. La sintesi perfetta tra maggioranza renziana e minoranza dem poiché i primi hanno ottenuto di non sedersi al tavolo delle ‘trattative’ con Luigi Di Maio o con Matteo Salvini, mentre i secondi la certezza che Maurizio Martina potrà gestire con maggiore serenità la fase di passaggio dalla direzione all’assemblea. Renziani e orlandiani con il resto della minoranza del partito hanno rinunciato ai propri ordini del giorno per evitare la conta interna ed hanno approvato all’unanimità la relazione di Martina.
Sostegno a tempo determinato per il reggente
La linea comunicativa dei renziani ha deformato al realtà dei fatti. Dalle dichiarazioni rilasciate subito dopo la direzione è parso che ci fosse un accordo tra le diverse componenti per assicurare sostegno a Martina fino alla prossima assemblea nazionale. La verità è che le procedure da seguire sono scritte nere su bianco all’interno dello statuto Pd che in caso di dimissioni del segretario, cosa avvenuta con Renzi dopo la batosta del 4 marzo scorso, prevede la convocazione dell’assemblea nazionale dopo 30 giorni. Tempo bellamente sforato poiché l’assemblea, convocata inizialmente per il 23 aprile non si è mai tenuta. Il reggente è segretario fino all’assemblea che decide se dare o meno un voto di ‘fiducia’. Martina, laddove vorrà riproporsi come guida del Pd fino al congresso per l’elezione del nuovo segretario avrà bisogno del voto favorevole dei due terzi dell’assemblea.
Scenari possibili
Appurata anche l’indisponibilità del Pd ad accordarsi per la composizione del governo, il capo dello Stato Sergio Mattarella ha convocato, lunedì prossimo, tutte le forze politiche per l’ultimo giro di consultazioni. A meno che qualcuno tra M5S, centrodestra e Pd non torni sui suoi passi, l’ipotesi più plausibile è che si torni al voto in autunno.