MILANO (Alfredo Stella) – Con la morte dell’immobiliarista Salvatore Ligresti all’età di 86anni si abbassa il sipario su un uomo che ha fatto parlare di sé, strettamente legato ai nomi della finanza lombarda e della politica nazionale e locale. Fu Enrico Cuccia, fondatore di Mediobanca il suo deus ex machina che lo avviò alla grande scalata del capitalismo del nostro Paese. Dopo la condanna per tangenti furono i tre figli a prenderne il posto. Si chiude così un ciclo iniziato nel primo dopoguerra: quello conosciuto come dei “siciliani a Milano”. Lui e Cuccia erano entrami siculi anche se dai profili differenti.
Ligresti ha cominciato a scrivere la sua travagliata storia italiana già negli anni ottanta con il sequestro della moglie Antonietta Susini figlia del provveditore alle Opere pubbliche della Lombardia, (dalla quale ebbe tre figli, Giulia Maria, Paolo e Jonella) rilasciata dopo un riscatto di di 600milioni di lire. I suoi sequestratori vennero a loro volta assassinati, tranne uno di cui si persero le tracce. Salvatore Ligresti per Milano ha rappresentato quello che era il costruttore Nottola nel film di Franceso Rosi ‘Le mani sulla città’, uomo estremamente spregiudicato legato a doppio filo con il potere politico e finanziario. E forse anche con altro
Il capoluogo meneghino
Milano è stata la sua patria per antonomasia: gli ha dato la gloria, la ricchezza e la notorietà per poi toglierla causa i vari scandali di cui si è reso protagonista. Prima le costruzioni (ha edificato di tutto, anche le case dei giornalisti quelle dell’Inpgi di Via dei Missaglia) e poi, grazie alla guida di Cuccia e di Mediobanca è diventato un punto imprescindibile della finanza italiana con le varie partecipazioni azionarie in più società che lo portarono al comando di molti dei principali gruppi finanziari e industriali: Mediobanca, Rcs (Corriere della Sera) e non solo.
Il potere e la sconfitta
Un potere acquisito anche grazie alle sue capacità istrioniche e alle frequentazioni politiche riuscì nell’acquisizione di Sai Assicurazioni, prima e la Fondiaria poi. Un impero che agiva a tutto tondo ed in vari campi
Non fece mai mistero dei suoi stretti legami con Legato ai socialisti, fu ivestito dal ciclone Tangentopoli che gli costò 112 giorni di carcere per corruzione nella vicenda degli appalti della Metropolitana Milanese e delle Ferrovie Nord. Venne poi condannato in via definitiva a 2 anni e 4 mesi da scontare con l’affidamento ai servizi sociali. Una condanna che gli costò, per la perdita dei requisiti di onorabilità, la cessione delle attività e gli incarichi operativi nelle sue società ad opera dei. Poi la storia nota della Fondiaria-Sai, il quasi crac e il passaggio di controllo pilotato del gruppo assicurativo a Unipol. Un momento di grande travaglio che hanno finito per scalfire del tutto la sua credibilità nei salotti che contano. Così Ligresti perse quanto era riuscito a conquistare negli anni, fino alla morte avvenuta sopraggiunta durante il ricovero presso presso l’ospedale milanese all’età di 86 anni.