Il verdetto
Per la Procura, con altri complici, avrebbe tentato di acquistare la Ss Lazio per conto del clan dei Casalesi. Non per i giudici. La Corte d’Appello di Roma ha confermato l’assoluzione emessa dal tribunale di primo grado nei confronti di Giuseppe Diana, imprenditore di Grazzanise attivo nel settore dei carburanti.
Il processo
Pesante la richieste di condanna proposta dal pubblico ministero, nel 2010, per Diana: 10 anni di reclusione. Ma il giudice Riccardo Amorso, a conclusione del rito abbreviato, lo ha assolto “perché il fatto non sussiste”. Con il business-man di Brezza erano a processo, in primo grado, anche Giancarlo De Benedetto, Diego Franchetti e Arturo Cecchieri, per i quali erano stati invocati 6 anni a testa, e Bruno Errico: per lui l’accusa aveva invocato 8 anni di carcere. Ed invece tutti assolti dal reato di riciclaggio. Nessun colpevole.
L’Appello
Il verdetto, favorevole per l’imputato, è stato appellato dalla Procura generale che, nei mesi scorsi, aveva chiesto nuovamente alla Corte di condannare il business-man dei Mazzoni. Ieri i togati di secondo grado hanno assolto per la seconda volta Giuseppe Diana, difeso dagli avvocati Antonio Abet e Marco Muscariello.
La vicenda
Prima una sponsorizzazione da due milioni di euro, poi, tra il 2004 e i l 2006, il tentativo di scalata alla Ss Lazio con i soldi del clan dei Casalesi (24 milioni di euro) per comprare il team e riciclare i quattrini ‘sporchi’. Il presidente Claudio Lotito disse no. E per i giudici, inoltre, del denaro che sarebbe stato necessario per acquistare la squadra di seria A non c’era neppure l’ombra. Nell’inchiesta venne coinvolto anche Giorgio Chinaglia, scomparso nell’aprile del 2012.