ROMA – Ha cercato di ridistribuire le colpe. “So che non sono l’unico responsabile, ma in politica – ha spiegato Matteo Renzi – si fa così. Uno paga per tutti”. L’ex premier ha provato a spalmarle sul partito, su quel Pd che ha gestito con pugno duro per anni. E se Renzi ha usato queste parole è per restare. Almeno provarci. “Io credo e continuo a credere che sia il Pd l’argine al populismo”.
Vuole rientrare
Si è dimesso, ma già sta programmando il proprio ritorno. “Abbassiamo i toni delle tifoserie”. Il fiorentino, dal palco dell’Ergife, non si è sottratto neppure dal lanciare strali a chi “ha provato a distruggere” il partito. Quelle azioni, ha concluso Renzi, hanno “picchiato contro l’argina del sistema”. Ha rivendicato con orgoglio il suo no all’accordo con il Movimento Cinque Stelle. “Se l’avessimo fatto avremmo mandato all’opposizione chi ha vinto le elezioni. Sarebbe stata una ferita per il Paese. Avrebbero detto che nessuno rispetta la democrazia”.
La calma di Martina
Toni diversi quelli usati, invece, dal segretario Maurizio Martina. E’ l’Europa per l’ex ministro dell’Agricoltura l’argomento centrale, la tematica da affrontare con urgenza. “Io ci sto a costruire un confronto con chi tutela l’autonomia. Serve avere coraggio. Ma bisogna farlo con idee nuove, idee capaci di dare un significato diverso ai valori. Nessuno basta a se stesso. Occorre capire come lavorare insieme”.
Categorie da rottamare
“La portata politica del voto dello scorso 4 maggio ha messo in discussione tutte le categorie utilizzate finora. La nostra retorica sull’Europa non è più sufficiente. Abbiamo da rigenerare le sezioni sul territorio. La nostra rete – ha aggiunto Martina – è collassata. Nei territori ai partiti serve autonomia. Guai a chiuderci dentro quattro mura”.
“Questo governo – ha continuato il segretario – ha trovato una combinazione micidiale. Ad ottobre abbiamo bisogno di un grande appuntamento per poter capire anche chi fuori da qui vuole darci una mano. Sì – ha confessato il dem – perché serve chiedere anche aiuto. Impegniamoci per un percorso (congressuale ndr) da chiudere prima delle elezioni europee. Dobbiamo arrivarci preparati. Abbiamo sbagliato a proporre dall’alto in basso le soluzioni. A volte non le avevamo neppure. Chi ha vinto è perché ha semplicemente interpretato i segnali delle persone. Ha ascoltato”.