ROMA – L’Italia paga dazio sui lavoratori in nero e perde 20 miliardi e 60 milioni di euro. I dati dicono che nel 2017 i lavoratori senza contratto sono 1milione 538mila, persone ‘fantasma’ che alimentano il lavoro sommerso a cui le aziende non hanno versato i dovuti contributi previdenziali(su tre aziende controllate ce n’è in media uno).
Cifra in diminuzione
I lavoratori in ‘nero’ in Italia sembrano diminuire. Nel biennio 2015-2016 sono infatti 200mila in meno. Lo rivela la Fondazione studi dei consulenti del lavoro, che ha rielaborato i dati del primo anno di attività dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
Le irregolarità riscontrate
L’anno scorso sono state 160.347 le aziende verificate che presentavano irregolarità riguardanti almeno un occupato sono state 103.498,il 64,5%” del totale. Nel 2017 l’Ispettorato ha raggiunto alcuni obiettivi, applicando le nuove, più pesanti sanzioni in materia di caporalato nel settore agricolo: si registrano il deferimento di 94 persone all’Autorità Giudiziaria, delle quali 31 in stato di arresto, e l’individuazione di 387 lavoratori vittime di sfruttamento. La legge cerca di tutelare i lavoratori e le forze dell’ordine alzano il livello di guardia.
Cos’è il laro in nero
Lavorare in nero vuol dire prestare la propria opera senza un vero contratto di lavoro, senza che il datore di lavoro versi i contributi allo Stato, senza poter usufruire delle ferie o più semplicemente con orari e prestazioni casuali o alla ‘buona’. In poche parole, senza che si faccia riferimento ai Contratti Nazionali di Lavoro. I lavoratori in nero rappresentano comunque una piaga sociale.