ROMA – Sarebbero stati in diversi, nell’Arma, a sapere del pestaggio subito da Stefano Cucchi. Alcuni, sostiene la Procura, hanno agito per insabbiarlo, per nasconderlo. Tra questi, affermano gli inquirenti, c’è anche il tenente colonnello Francesco Cavallo. L’ufficiale, all’epoca dell’accaduto, era capo ufficio comando del Gruppo carabinieri di Roma.
Gli indagati
La ricostruzione eseguita dagli investigatori attesterebbe che fu proprio Cavallo a suggerire a due suoli colleghi di modificare l’annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi. A ricevere quel presunto consiglio, questa la tesi della procura, furono il maggiore Luciano Soligo, al tempo guida della Compagnia Talenti Montesacro, e Massimiliano Colombo, comandante della stazione Tor sapienza.
Coinvolti nella stessa inchiesta ci sono Giovanni Musarà, Francesco Di Sano, un avvocato e il maresciallo Roberto Mandoli. Agli inquisiti la procura di Roma contesta il reato di falso ideologico.
Le dichiarazioni di Francesco Di Sano
Si tratta di un’inchiesta costola del procedimento in corso, dinanzi alla Corte d’Assise, sulla morte del 31enne. A dare impulso agli investigatori sono state le dichiarazioni di Francesco Di Sano. Il militare dell’Arma raccontò agli inquirenti che gli sarebbe stato chiesto di modificare l’annotazione di servizio.