MILANO – Fegato a rischio per sei milioni di italiani per grasso epatico. Apparentemente longilinei, ma in realtà ‘obesi dentro’. E’ l’allarme lanciato dalla Società Italiana di Medicina Interna (Simi). E’ successo in occasione del 119esimo Congresso Nazionale. Una situazione che appare paradossale: si stima infatti che riguardi circa sei milioni di italiani. Tanti sono infatti coloro che, pur essendo magri, hanno un metabolismo simile a quello di chi è in sovrappeso, ossia caratterizzato da un accumulo di depositi di grasso nel sangue o nel fegato.
Magri ma in ‘sovrappeso’
“I magri metabolicamente obesi – spiega Franco Perticone, presidente della Simi – possono nascondere gli stessi problemi di quelli con soprappeso, in particolare, il fegato grasso, o steatoepatite non alcolica (Nash), che può predisporre allo sviluppo di malattie croniche come la cirrosi e il tumore del fegato. Diversi fattori – prosegue – influenzano questa condizione: dalla genetica allo stress, dalla mancanza di movimento all’eccesso di carboidrati, che aumentano l’insulino-resistenza”.
Adottare corretti stili di vita
E’ il modo che può far regredire almeno in parte la steatosi. Ma non basta. “In alcuni casi – continua l’esperto – servono farmaci in grado di mettere ko questo killer silente del fegato e di prevenire la progressione verso la cirrosi epatica o l’epato-carcinoma. Farmaci non ancora disponibili, ma che lasciano ben sperare. Fra le molecole più promettenti ci sono gli attivatori del recettore Fxr, il principale regolatore della sintesi degli acidi biliari e un fattore importante nel metabolismo del glucosio e dei lipidi”.
La sperimentazione
Un’altra molecola in sperimentazione è “un farmaco orale a somministrazione giornaliera agonista β-selettivo del recettore dell’ormone tiroideo”. In entrambi i casi i primi risultati hanno dimostrato già dopo 12 settimane di trattamento una consistente riduzione del grasso epatico.