Roma (LaPresse) – “Il principio della separazione dei poteri non è un passepartout generale per commettere reati. Dipende se i poteri ci sono per legge, e come vengono esercitati”. Così Giovanni Maria Flick, ex Guardasigilli ed ex presidente della Consulta, in un’intervista a ‘Repubblica’. Il caso Diciotti si sgonfia e Salvini esulta. Il procuratore vuole archiviare perché “la scelta politica non è sindacabile dal giudice penale”.
Che impressione le fa? “Si tratta di un’affermazione generica che andrebbe specificata meglio per poterla valutare in astratto in quanto vi possono essere scelte politiche di competenza specifica del ministro, per le quali può valere il principio della separazione dei poteri, e scelte che non rientrano nelle sue competenze. In secondo luogo, mi sembra che occorra conoscere se vi è stata, e in quali termini, una decisione politica del ministro che possa essere ricondotta alla sua competenza anche nelle modalità”, risponde.
Non è un precedente pericoloso stabilire che qualsiasi decisione politica sia di per sé insindacabile? “Proprio per questo si tratta di conoscere che tipo di decisione politica sia quella richiamata solo in termini generali dalla dichiarazione attribuita al procuratore – spiega Flick – Il problema non è quello delle motivazioni per cui agisce il ministro. Ma verificare se ne abbia la competenza e come abbia formulato l’eventuale ordine dato al comandante della nave”.
Non pensa che la decisione di Zuccaro sia una dichiarazione di impotenza della magistratura rispetto a qualsiasi decisione politica venga assunta? “No, non lo penso – risponde Flick – Perché il rispetto delle proprie e delle altrui competenze è una regola fondamentale del nostro sistema costituzionale. Che vale sia per i magistrati che per i politici”.
L’ex Guardasigilli ed ex presidente della Consulta si esprime sul caso Diciotti
Non crede sia il riconoscimento di una supremazia assoluta della politica sulla giurisdizione? Il politico decide e il pm deve solo prendere atto, anche se c’è un possibile reato? “Se il ministro si mantiene nell’ambito delle sue competenze e dei suoi poteri non mi pare che possa ravvisarsi un reato. Quanto alla procedibilità per un reato sono la legge e la Costituzione che prevedono un filtro rappresentato dall’autorizzazione del Parlamento proprio per garantire il rispetto della legge stessa”. “Ricordo che il magistrato decide se vi sia il reato o meno e se sia stato compiuto nell’esercizio delle funzioni – conclude – Mentre spetta al Parlamento decidere se l’indagato abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o per un preminente interesse pubblico”.