Roma – Crisi di governo sfiorata e per ora solo rimandata. La pace armata era ampiamente prevedibile e, dopo l’accordo politico tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, non fa altro che consumarsi inesorabilmente.
Il tema della prescrizione brucia ancora all’interno del governo giallo-verde
A freddo, più che un’intesa appare sempre più chiaro che si tratti di un rinvio forzato del problema, per non far scatenare l’inferno. A meno di 24 ore dal vertice di palazzo Chigi infatti, i fioretti sono tornati a incrociarsi tra due pezzi grossi dell’esecutivo, Giulia Bongiorno, ministro per la Pa, e Alfonso Bonafede, titolare di via Arenula e tra i più vicini al capo politico pentastellato.
Il nodo del contendere è il collegamento e il vincolo tra la riforma del processo penale e l’entrata in vigore della riforma sullo stop alla prescrizione.
E’ l’ex avvocato penalista a spiegare che le due riforme sono strettamente collegate
“Sono norme collegate l’una all’altra. La prima entra in vigore quando la seconda sarà in vigore. Punto. Altrimenti rischiamo di innescare di nuovo la bomba atomica“.
Entro il 2019 tutto sarà predisposto affinché i due progetti si trasformino in realtà
Secca e precisa il ministro leghista è fiduciosa: “Le riforme vengono spesso annunciate e poi rinviate. Ma con questa norma, fortemente voluta dal M5S, e la clausola di collegamento con la riforma del processo voluta dalla Lega abbiamo un traguardo certo: dicembre 2019“.
Le affermazioni della Bongiorno amplificano i sospetti
Interviene il guardasigilli: “Prescrizione collegata a riforma del processo? Nell’accordo politico questa riforma c’è, ma nella legge anticorruzione che entrerà in vigore a gennaio non c’è collegamento con altre leggi”. “La prescrizione entrerà in vigore comunque a gennaio – attacca smentendo Bongiorno – Anche se, ipotesi che neanche prendo in considerazione, cadrà il governo“.
Il caos regna sovrano
A palazzo Chigi è evidente che le idee non sono chiare, i due contraenti del contratto del popolo portano acqua al proprio mulino e al momento Salvini sembra aver incassato un’altra vittoria.
Il timore tra i 5Stelle che si consumi a primavera lo sgambetto della Lega si fa sempre più concreto e i termini dell’accordo scritti e proposti a palazzo Chigi proprio dal Carroccio, non lasciano dubbi.
‘Una fregatura’ viene ripetuto tra i corridoi del Transatlantico, anche perché inchiodare la riforma dell’istituto a una legge delega è come firmare una cambiale in bianco.
I tempi potrebbero essere lunghi
Si prevedono almeno due anni per i decreti attuativi, e le insofferenze all’interno dei due gruppi parlamentari, l’uno contro l’altro, aumentano.
Se da una parte i leghisti non si trattengono più in commenti contro la tenuta di questo governo, anche i 5Stelle avrebbero messo alle strette il vicepremier Di Maio chiedendo di essere più incisivo e ‘giocare d’anticipo’ sull’omologo lumbard.