MILANO (LaPresse) – E’ l’ennesima storia di sofferenze e soprusi quella che emerge dai racconti dei 264 migranti sbarcati da un peschereccio nel porto di Pozzallo, nel ragusano. Dopo un viaggio a cui sono sopravvissuti per miracolo abbandonati dalle autorità maltesi nel Mediterraneo.
Pozzallo, l’odissea dei migranti
Dopo essersi inclinata pericolosamente, la barca è stata soccorsa e condotta in porto con un’operazione coordinata dalla Guardia di finanza nel Canale di Sicilia: ad accoglierli e a raccogliere le testimonianze delle persone sbarcate c’era un team di Unhcr.
I migranti sono partiti da Misurata in Libia il 22 novembre, come scrive l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati sul proprio profilo Twitter. A bordo dell’imbarcazione c’erano 40 donne e 44 minori (di cui 33 soli). Tra i migranti – riferisce l’agenzia Onu – c’erano 233 eritrei, tenuti per uno-due anni nelle prigioni dei trafficanti e sopravvissuti a torture, abusi e malnutrizione, che hanno pagato un riscatto più volte.
La denuncia di Unhcr
Unhcr parla anche una bimba di 15 giorni “nata in un hangar senza assistenza medica”. Una circostanza, confermata, anche dagli operatori della Misericordia Modica su Facebook, ma con particolari ancora più drammatici. I volontari dell’associazione di assistenza sanitaria, intervenuti nel porto di Ragusa, nel post sul social raccontano di “una bimba di 15 giorni partorita nel lager”.
Le testimonianze
“Aveva tracce di sangue sul corpicino e i segni del cordone ombelicale al collo. La madre, violentata nel lager, ha solo 19 anni e ha partorito da sola, forse dovendo persino tagliare il cordone”, si legge nel post, corredato da una foto della donna e della piccola insieme a un volontario della Misericordia.
di Niccolò Borella