MILANO (LaPresse) – Chiude simbolicamente l’anno di presidenza italiana dell’Osce la due giorni di summit che si è conclusa a Milano. Dal primo gennaio del 2019 la guida dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa passerà dall’Italia alla Slovacchia. Poi, nel 2020, sarà la volta dell’Albania.
Osce, il bilancio del summit
Questo 25esimo Consiglio ministeriale tenutosi nel capoluogo lombardo – che ha raccolto ministri degli Esteri e delegati di 57 Stati membri e degli 11 partner dell’Osce – è stata dunque l’occasione di un bilancio italiano.
Per la prima volta da 26 anni, nel summit di Milano è stato trovato consenso unanime per adottare una decisione sulla tutela della sicurezza di giornalisti (per l’approvazione dei documenti Osce è sempre necessaria l’unanimità).“Un segno di civiltà democratica e pluralista”, lo ha definito il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi. Parlando in qualità di presidente dell’Osce.
I temi affrontati e la stesura del documento
I negoziati sul documento sono stati in salita: fonti parlano di un iniziale rifiuto degli Stati Uniti a sottoscriverlo, convinti che si trattasse di una mossa contro Donald Trump e i suoi attacchi ai media. Ma le stesse fonti evidenziano il fondamentale intervento negoziale della presidenza italiana. Numerosi altri temi sono stati affrontati dai delegati nella due giorni milanese: dai foreign fighters alla violenza sulle donne, passando per la cybersicurezza.
Moavero Milanesi, tirando le somme dell’operato italiano al timone dell’Osce, ha individuato due piani principali. Sul piano dell’agenda di lungo termine, l’Italia mette in evidenza di avere attuato un “riorientamento verso una dimensione mediterranea”. Che esiste proprio come quelle euroasiatica ed euroatlantica. L’organizzazione comprende infatti 57 Paesi che vanno idealmente da Vancouver a Vladivostok.
La crisi tra Russia e Ucraina
Sul terreno, invece, Roma sottolinea che in un momento di crisi “acuta” fra Russia e Ucraina per le tensioni nello Stretto di Kerch i Paesi hanno comunque avuto modo di esprimere in modo chiaro le loro posizioni, seppur distanti, allo stesso tavolo a Milano.
L’Italia, poi, rivendica anche di avere contribuito a “sviluppi” sulla questione della regione contesa del Nagorno-Karabakh – proprio a Milano è stata adottata una dichiarazione congiunta di Azerbaigian e Armenia, definita da Moavero “una vera e propria dichiarazione di intenti” – e a “progressi” per la Transnistria, con i Protocolli di Roma firmati a maggio dai partecipanti a una conferenza in formato 5+2 (Moldavia, Transnistria, Osce, Ucraina e Russia, più Usa e Ue come osservatori).