ROMA – ‘Je ne regrette rien’, cantava Edith Piaf a metà degli anni Cinquanta. Sarebbe il sottofondo musicale perfetto per accompagnare le parole del vicepremier, Luigi Di Maio, che – a differenza di Romeo con Giulietta – non rinnega il suo gesto più eclatante da quando è al governo.
“Risalirei sul balcone anche domani“, ammette, ricordando l’esultanza, assieme ai suoi ministri, sul poggiolo di Palazzo Chigi, a fine settembre, dopo aver strappato al ministro Giovanni Tria quel 2,4% di deficit, poi sgonfiato al 2.04 durante il negoziato con la Commissione Ue.
Il capo politico del Movimento 5 Stelle fa capire di aver scelto la praticità
“Non c’è stata la procedura d’infrazione e porto tutte le misure a casa – dice -. Sono ancora più contento di mantenere le promesse senza nessuna spada di Damocle“.
Di motivi per sorridere, però, non ce ne sono molti
Sebbene i sondaggi non siano crollati di colpo, il compromesso con Bruxelles è destinato a rilasciare i suoi effetti nel tempo: la cinghia stretta sui conti non consentirà ai rispettivi leader di soddisfare tutti i desiderata degli elettori pentastellati e leghisti.
“La manovra ha dentro quota 100, reddito e pensioni di cittadinanza, rimborsi ai truffati delle banche – ripete come un mantra il capo politico dei Cinquestelle -. L’unico accordo che si poteva fare era per mantenere le promesse, e lo abbiamo fatto“.
I grattacapi, per il vicepremier, arrivano però anche al di fuori del suo ruolo politico
L’iscrizione del padre Antonio nel registro degli indagati alla Procura della Repubblica di Nola, con l’ipotesi di deposito incontrollato di rifiuti, dopo i controlli nella proprietà di famiglia a Mariglianella, alle porte di Napoli, già nota alle cronache per presunti abusi edilizi, è l’ennesimo capitolo di una saga iniziata con le denunce televisive degli ex lavoratori tenuti in nero nella piccola impresa edile dei Di Maio.
A livello giuridico i legali non sembrano preoccupati dall’evoluzione dell’inchiesta, ma l’immagine del ministro dello Sviluppo economico ne potrebbero comunque risentire.
Non se la passa meglio nemmeno l’altro pezzo da novanta del M5S, Alessandro Di Battista
Nonostante la accorata difesa dell’azienda del padre, che arranca ed è stata costretta a contrarre debiti con banche e fisco, di solito storie del genere non sono proprio un toccasana per un personaggio politico. Peraltro alla vigilia di una campagna elettorale per le elezioni europee di maggio, alla quale i Cinquestelle si presentano già in debito di ossigeno rispetto al partner di governo.
Secondo gli ultimi sondaggi, la forchetta di vantaggio della Lega oscilla fra i 3 e i 6 punti percentuali
In questo quadro, i pentastellati hanno anche un altro problema, stavolta in Sardegna, dove il candidato alle suppletive per la Camera del 20 gennaio prossimo, Luca Caschili, è stato escluso per un errore formale nella presentazione del simbolo.
Ovviamente le speranze sono riposte tutte nel ricorso, ma anche questo è il segno dei tempi in casa M5S. (LaPresse)