MILANO – Tutti la invocano come unica via per recuperare terreno sui giallo-verdi, ma niente sembra più difficile da raggiungere per il centrosinistra e il Pd della fantomatica unità. Se il manifesto ‘Siamo europei’ di Carlo Calenda sembrava, pur con i distinguo, capace di catalizzare un po’ dell’attenzione perduta, forte delle oltre 130mila adesioni finora raccolte online, ecco che l’ex ministro dello Sviluppo economico, famoso per essere uno che non le manda a dire, dal congresso a Milano di +Europa pungola i dem senza tanti giri di parole.
Europee, Calenda frena: nessuna ammucchiata in vista delle elezioni
“Se il Partito democratico non è convinto fino in fondo, io certo non farò da paravento a un’operazione di allargamento del Pd”. Il suo obiettivo è “una mobilitazione”, non un partito, forse nemmeno una lista. Di certo non “un’ammucchiata”. “Io non voglio unire tutta la sinistra, ma chi pensa di voler rimanere nella Serie A europea, con Germania e Francia. Non voglio che l’Italia diventi lo zerbino di Orban e della Polonia”, sostiene lui. Quindi niente asse con Leu, e Pietro Grasso, a differenza dell’ex collega Laura Boldrini, lo rassicura: “Non aderirò al suo manifesto”.
Nessuna apertura dei dem a Forza Italia
Ma anche nessuno spazio a Forza Italia e Berlusconi. La questione non è l’appartenenza al centrodestra, il ‘fronte repubblicano’ dell’ex ministro in questo è post ideologico e personalità di tutte le aree hanno sottoscritto il suo manifesto. Il “punto dirimente” è che chi condivide i punti programmatici non può poi cercare alleanze nazionali con Lega e 5 Stelle: “Non possiamo avere a bordo chi vuole combatterli in Europa ma allearcisi in Italia”. Gli step sono di arrivare alla fine della prossima settimana intorno a 200/250 mila firme e da lì iniziare una mobilitazione sul territorio per allargarsi. Il Partito democratico, che per troppo tempo ha coltivato “l’idea di essere bastante a se stesso”, decida che cosa fare. Certo, sferza Calenda, “c’è la tentazione di dire non mi fido tanto del Pd”, tanto che – ci tiene a sottolineare – infatti lui coi dem non si è candidato.
Il sindaco di Milano nel ruolo di mediatore
A ricucire ci prova il sindaco di Milano, Beppe Sala, che condivide solo “parzialmente il pessimismo di Prodi”: nei programmi dei candidati alle primarie i contenuti “incominciano a esserci, quello che manca è mettere a fuoco le tre/quattro battaglie fondamentali perché dall’altra parte ne hanno poche ma chiare”.
Pd nel caos, la triangolazione Richetti-Zingaretti-Martina
Ma come sempre a sinistra, non è così semplice. Matteo Richetti attacca Nicola Zingaretti di rinnegare il passato “quando ha in pancia mezzo ex governo”, e Maurizio Martina, che sarebbe avanti sul governatore del Lazio nei circoli all’estero, si dice convinto di poter vincere. “Siamo la mozione dell’unità del Pd”, sostiene l’ex segretario, che però non risparmia la frecciata: “Mi è venuto da ridere quando ho visto che qualcuno nella foga di inventare risultati dava una somma che superava il 150%”. La ‘battaglia per l’unità’ è apertissima, e lui la chiuderà il 2 marzo a Ventotene, un posto ovviamente non casuale in vista delle Europee di maggio.
(LaPresse/di Silvia Caprioglio)