Huawei, l’azienda fa causa contro la legge Usa che limita il suo mercato

L'azienda ha reso noto di essersi rivolta alla giustizia per provare a rovesciare la legge

Foto Fred Dufour / AFP

SHENZEN – Huawei apre un fronte legale nella sua controffensiva verso gli Stati Uniti. Che hanno più volte lanciato avvertimenti in merito a una possibile supporto fornito dal colosso delle telecomunicazioni ai servizi segreti cinesi. L’azienda ha reso noto di essersi rivolta alla giustizia per provare a rovesciare una legge che impedisce alle agenzie federali di acquistare i suoi prodotti. I documenti sono stati depositati presso un tribunale distrettuale a Plano, in Texas. E nello specifico mettono in discussione un decreto del 2019 che impedisce alle agenzia governative di acquistare beni e servizi. O di lavorare con terze parti che siano clienti della stessa Huawei.

La mossa sembra inviare un segnale chiaro. Huawei potrebbe infatti essere intenzionata a utilizzare tutti i mezzi possibili, inclusi i tribunali nazionali. Per evitare l’esclusione dalla corsa al mercato del 5G, considerato il futuro delle telecomunicazioni ad alta velocità. “Il Congresso degli Stati Uniti ha ripetutamente omesso di fornire prove che supportino le restrizioni poste sui prodotti Huawei. Siamo costretti a intraprendere questa azione legale”, ha dichiarato il presidente di turno del gruppo, Guo Ping. Aggiungendo che “se questa legge verrà messa da parte, come dovrebbe, Huawei potrà fornire più tecnologie avanzate agli Stati Uniti e aiutarli a costruire reti 5G migliori”. Nella causa l’azienda sostiene quindi che la legge rappresenti un “esercizio incostituzionale di potere esecutivo e/o giudiziario” e di essere stata privata di una “udienza imparizale” nella quale confutare le accuse che le sono state rivolte.

L’azienda ha reso noto di essersi rivolta alla giustizia per provare a rovesciare la legge

In merito ai sospetti che circondano la società, i funzionari di Huawei hanno sottolineato come la compagnia, che opera in 170 paesi, non sia mai stata coinvolta in nessuna importante violazione della sicurezza. Negando di aver ricevuto richieste da parte del governo cinese di installare “backdoor” nelle proprie apparecchiature o di raccogliere informazione. Song Liuping, a capo dell’ufficio legale dell’azienda, ha comunque riconosciuto che le leggi cinesi potrebbero richiedere a Huawei di confrontarsi con richieste di assistenza da parte di Pechino. Ma solo in caso di attività criminali o terrorismo. “Se questo andasse al di là di quanto esplicitamente disposto dalla legge, rifiuteremmo la richiesta”, ha però assicurato. Descrivendo l’installazione di sistemi per aggirare l’autenticazione nei sistemi e accedere ai dati come un “suicidio” a livello commerciale.

(LaPresse)

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