LONDRA – “Sono pronta a lasciare l’incarico in anticipo pur di assicurare una Brexit ordinata”. Così si è espressa Theresa May ai deputati del gruppo Tory riuniti nel comitato 1922. La premier ha formalizzato l’intenzione di dimettersi prima del previsto in cambio di un via libera della sua maggioranza all’accordo di divorzio dall’Ue già bocciato due volte ai Comuni.
Le dichiarazioni
In mattinata la May aveva detto di considerare ancora il suo accordo di divorzio la migliore soluzione per attuare il risultato del referendum sulla Brexit. “Ho capito che c’è voglia di un approccio diverso e di una nuova leadership per la seconda fase dei negoziati – ha detto ai deputati – e io non mi opporrò a questo. So che qualcuno è preoccupato che se votate a favore dell’accordo, io lo prenderò come un mandato per fiondarmi nella seconda fase senza il dibattito di cui invece abbiamo bisogno. Non lo farò, ho ascoltato ciò che mi avete detto. Ma dobbiamo approvare l’accordo e realizzare la Brexit”.
La richiesta d’accordo
“Chiedo a tutti i presenti in questa stanza di sostenere l’accordo così che possiamo portare a termine il nostro dovere storico: realizzare la decisione del popolo britannico e lasciare l’Unione europea con un’uscita lineare e ordinata”.
Otto piani B
Sono ben 8 le proposte parlamentari di piano B sulla Brexit alternative all’accordo di Theresa May ammesse ieri dallo speaker John Bercow al voto indicativo ai Comuni. Una varietà che comprende opzioni di Brexit più soft con permanenza nell’Unione doganale o nel mercato unico. Più hard quelle del modello che prevede il trattato di libero scambio col Canada o con uscita no deal ‘gestita’;
Un secondo referendum
Tra le proposte di piano B, anche quello di un secondo referendum o di revoca del divorzio da Bruxelles.
Governo rigetta petizione su revoca Brexit
Intanto il governo britannico ha formalmente rigettato la petizione in favore della revoca dell’articolo 50, e quindi della Brexit, che si è chiusa con il sostegno record di 5,8 milioni di firme e che sarà discussa (senza voto) lunedì in Parlamento. Un numero considerevole, ha riconosciuto il ministero per la Brexit, ma che non cancella la volontà maggioritaria pro-Leave espressa nel referendum del 2016 “da 17,4 milioni di elettori”, né la “fermezza politica del governo di onorarne” il risultato.