ROMA – Tutto rimandato. Il decreto crescita viene approvato dal Cdm ‘salvo intese’, vale a dire che potrà essere modificato in seguito, mentre nonostante una lunga trattativa non c’è l’intesa sui rimborsi ai risparmiatori truffati. Non sono bastate le discussioni degli ultimi giorni, e ancora un’ora di riunione oggi pomeriggio più oltre tre e mezza di consiglio dei ministri a sciogliere i nodi che tengono distanti sulla vicenda M5s e Giovanni Tria.
Riparte il giro di consultazioni, i prossimi impegni di Conte
Si riparte con un giro di consultazioni, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte lunedì mattina vedrà le associazioni dei risparmiatori truffati, e la soluzione al ‘caso’ che ha messo il ministro dell’economia sul banco degli imputati, almeno dal punto di vista dei pentastellati, dovrebbe arrivare entro il giorno successivo, nella riunione del Consiglio dei ministri attesa per il 9 aprile in cui dovrebbe essere varato anche il Def.
Si impone la linea del M5S, no alla norma sui rimborsi
Una vittoria della linea M5s, fanno notare dal movimento, su quella di Tria che voleva inserire nel dl Crescita le norme sui rimborsi. “Nessuna norma può essere inserita senza accordo delle associazioni”, avrebbe detto Di Maio in Cdm. E a quel punto Conte avrebbe assunto l’impegno di incontrare personalmente i risparmiatori, convocati per l’inizio della prossima settimana. Ma anche il titolare del Mef, che deve firmare i decreti attuativi per sbloccare il fondo da 1,5 miliardi di euro istituito dal governo gialloverde nella legge di Bilancio 2019, non ha mollato la presa. E non c’è stato altro da fare che rimandare la soluzione.
La linea della Lega
La Lega, almeno apertamente, non si schiera. “La settimana prossima sarà quella decisiva: poi dovremo prendere una decisione perché la pazienza è finita”, tuona il vicepremier Luigi Di Maio uscendo da palazzo Chigi. “Siamo contenti come M5S che in questo decreto non sia entrata nessuna norma sui risparmiatori. Noi vogliamo che vengano pagati senza arbitrati o contenziosi, devono essere indennizzati”, chiarisce.
Il braccio di ferro M5S-Tria
E’ solo l’ultimo capitolo di una lunga guerra tra il Movimento e il ministro Tria, dalle accuse di ‘manine’ al Mef al tempo del Dl dignità a questo ultimo, durissimo scontro. Di dimissioni, ventilate tra i giornali e i corridoi, non si parla. “Non è in discussione il ruolo di alcun ministro, tanto meno quello dell’economia”, assicura Di Maio. “Siamo una squadra, lavoriamo uniti ma io ho il dovere di sollecitare le priorità”, ribadisce.
Anche perché, spiega a #Politicapresse il capogruppo alla Camera Francesco D’Uva, “non faremmo niente che possa allarmare i mercati”, figurarsi sostituire il professore con un leghista, “al massimo con un 5 stelle, ma non è proprio in discussione”.
Il pressing sulla consigliera Bugno
Resta però alta la tensione così come il pressing sulla consigliera di Tria, Claudia Bugno: il passo indietro da Stm non basta e le nomine all’Asi, dove era candidata, sono rinviate. “Io non discuto chi un ministro vuole tenere nel suo Gabinetto – dice ancora il capo pentastellato – ma quando si parla di partecipate o di Agenzia Spaziale noi come forze politiche abbiamo il dovere di decidere se le persone possano andare in determinati luoghi o no”.
Il Cdm approva il dl Crescita ‘salvo intese’
Alla fine il Cdm riesce almeno ad approvare il decreto crescita che “avrà un impatto positivo sul Pil”, assicura Di Maio, e infatti le stime del Def dovrebbero tenerne conto, sia pure nell’ordine di decimali. Nel decreto entra la norma per Alitalia, per consentire di convertire in equity una parte del prestito ponte concesso dallo Stato “che significa che il governo potrà rilevare quote” ed entrare nella newco. Ma l’elenco delle misure potrebbe allungarsi ancora.
(AWE/LaPresse/di Antonella Scutiero)