Roma è un pantano per il Movimento 5 Stelle. Luigi Di Maio lo sa. La Capitale ‘scotta’ e quando si tratta di difendere la sindaca interviene in ritardo, con toni leggeri. Ne approfitta, politicamente parlando, invece,Matteo Salvini: all’ennesima grana per Virginia Raggi (l’esposto presentato in Procura dall’ex ad di Ama) è intervenuto e ha chiesto le dimissioni della fascia tricolore. Le stesse dimissioni che il Movimento 5 Stelle ha invocato per Armando Siri, il sottosegretario indagato per corruzione.
Gridano a lasciare la poltrona, a vicenda. Lo fanno come arma politica. Il Carroccio giustifica i suoi inviti evidenziando l’incapacità amministrativa, quella ‘presunta’ del sindaco Raggi. I grillini invece hanno tirato in ballo un concetto di qualche anno fa, ma mai tramontato: la questione morale. Perché un sottosegretario finito sotto inchiesta per un’ipotizzata tangente da 30mila euro è immorale e quindi deve lasciare l’esecutivo.
“Sono piani diversi – ha commentato la Raggi, ieri sera a Piazza pulita. – Io non sono stata mai indagata per corruzione. Non potevamo un votare quel bilancio (di Ama). Lo ha detto il capo della Ragioneria di Roma Capitale. Non ho esercitato nessuna pressione. Anzi, siamo stati io e i miei uffici a ricevere pressioni”.
Si è difeso anche Siri: il leghista, incassato il sostegno di Matteo Salvini, si è detto sorpreso, ha chiarito di non essersi mai occupato di eolico. E’ tranquillo.
Ancora una volta l’esecutivo è dilaniato da scontri interni. E adesso la moda barbara penta-leghista, a poco più di un mese dalle europee, sono le dimissioni. Chiederle soltanto, però, senza rassegnarle.