Dai migranti alla legittima difesa, dalla flat tax alla Tav. E l’elenco continua con il ‘Salva Roma’, il 25 aprile e il caso Siri. La lista delle cose che Movimento 5 Stelle e Lega non hanno in comune, direbbe Daniele Silvestri, è lunghissima.
Il punto di non ritorno per il governo pentaleghista potrebbe essere proprio l’inchiesta a carico del sottosegretario leghista. E’ indagato per corruzione e tra le carte spuntano personaggi che, secondo la Dda, avrebbero relazioni con uno dei presunti finanziatori della latitanza di Matteo Messina Denaro.
Luigi Di Maio sulla questione è stato netto: “Per liberare il Paese dalla malavita – ha dichiarato il capo del Mise – devi soprattutto evitare che la politica abbia anche solo un’ombra legata a inchieste su corruzione e mafia”, altrimenti “che senso ha festeggiare a Corleone. La mafia la elimini se dai prima di tutto l’esempio”.
Il leader grillino vuole fuori dal governo l’esponente del Carroccio. Avere Armando Siri seduto al tavolo dell’esecutivo, nonostante l’inchiesta, significherebbe per il Movimento annullare quanto professato per anni, anche al costo di apparire giustizialista. E con i consensi, almeno stando ai sondaggi, in calo, per la compagine fondata da Beppe Grillo e Casaleggio, piegarsi alla volontà di Salvini significherebbe incassare il colpo di grazia.
Decisivo sarà l’incontro tra Siri e Giuseppe Conte, salvo rinvii, si terrà lunedì. Al premier il compito di sbrogliare la matassa.