SAN PAOLO – Oltre un milione e mezzo di persone, in maggioranza studenti e insegnanti, è sceso in strada mercoledì in oltre 200 città del Brasile per protestare contro i forti tagli all’istruzione annunciati dal governo del presidente Jair Bolsonaro. Sono state manifestazioni di una vastità che non si vedeva dal 2013, quando milioni di brasiliani protestarono per chiedere migliori servizi pubblici al governo di sinistra. Tuttavia, il presidente di estrema destra ha sminuito le proteste parlando di “utili idioti, manipolati da una minoranza”.
La mobilitazione di studenti e insegnanti
Le sue frasi hanno scatenato vive proteste anche al Parlamento, dove i deputati le hanno bollate come “disastrose” e “irresponsabili”. E gli analisti sottolineano che insultare i manifestanti è rischioso per Bolsonaro, perché rischia di incendiare ulteriormente le mobilitazioni contro di lui. La giornata di protesta era annunciata da tempo contro i tagli del 30% previsti per le università pubbliche; un’altra data è stata organizzata dal sindacato degli studenti per il 30 maggio.
La protesta si estende anche al sistema pensioni e al porto d’armi
Nel mirino dei manifestanti ci sono anche altre politiche del governo, come la riforma delle pensioni o del porto d’armi. Il governo, inoltre, affronta divisioni nella sua stessa base parlamentare. I partiti che erano alleati di Bolsonaro al Congresso mostrano sempre più segni di scontentezza, mettendo a rischio la riforma della previdenza, cruciale per i mercati. E dopo le proteste di mercoledì, l’opposizione che sembrava ‘congelata’ dopo la vittoria di Bolsonaro alle urne potrebbe essersi risvegliata.
I precedenti in Brasile
La mobilitazione popolare e il movimento ‘Diretas jà’ (elezioni dirette subito) furono decisivi per l’uscita dalla dittatura militare, nel 1985. E nel 2013 le mega manifestazioni contro la presidente Dilma Rousseff furono un campanello d’allarme, seguite tre anni dopo dalla destituzione della delfina dell’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva.
(LaPresse/AFP)