Di Maio e Salvini, il silenzio elettorale non basta: tra i due leader è ancora tensione

Scontri interni al M5S e alla Lega, governo in bilico

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse Nella foto Luigi Di Maio, Matteo Salvini

Il silenzio elettorale prima del voto di domani servirà a stemperare gli animi dei due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini che, nelle ultime settimane, hanno polemizzato quotidianamente l’uno con l’altro. Sarà difficile da lunedì far finta che nulla sia successo soprattutto ora che tra pentastellati e leghisti inizia a farsi largo l’insofferenza verso gli alleati di governo.

Gli scontri

A Di Maio non sono andate bene diverse cose fatte da Salvini e viceversa. I due sono arrivati a darsi, tra le righe, dell’incompetente quando il primo ha sostenuto che la necessità di un decreto sicurezza bis era dovuto al fatto che ‘qualcuno’ (il ministro dell’Interno) non aveva fatto bene i compiti. Lo stesso ha fatto il secondo rispondendo “si occupi dei morti sul lavoro”. Ma queste sono state scaramucce rispetto al tema ‘giustizia’.


Il pomo della discordia

La frattura vera si è consumata sull’ormai ex sottosegretario ai Trasporti Armando Siri, accusato di aver ricevuto 30 mila euro per fare approvare una norma sull’eolico. Di Maio e i suoi hanno preso la palla al balzo per rispolverare la sciabola giustizialista e hanno immediatamente chiesto le dimissioni del leghista. Ma Salvini ha alazato uno scudo e ha tentato di tutto pur di lasciare il ‘suo’ sottosegretario al suo posto. Alla fine l’hanno spuntata i grillini anche grazie alle decisioni prese dal premier Giuseppe Conte.


Malumori interni

Da quando i grillini hanno deciso di incentrare bla campagna elettorale sulla ‘questione morale’ i leghisti non l’hanno presa bene e in primis il sottosegretario, braccio destro di Salvini, Giancarlo Giorgetti hanno chiesto di valutare di staccare la spina al governo. Ma ogni decisione in merito è rimandata al post voto per le Europee, molto incideranno i risultati delle due forze politiche.


Lotte interne

Intanto, dopo le spaccature verificatesi in casa M5S all’inizio della legislatura con i dissidenti sul piede di guerra e in disaccordo su Di Maio e il cambio di rotta imposto al Movimento, in questi giorni è il carroccio ad avere problemi interni. Non solo perché è aumentata la frangia di coloro che non vogliono più governare con i pentastellati, ma per vecchie ruggini tra loro come nel caso di Giorgetti e Roberto Maroni.

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