ROMA – Commerciare prodotti derivati dalla cannabis light è reato. A metterlo nero su bianco è la Corte di Suprema di Cassazione riunita a Sezioni Unite. Una sentenza che, in attesa del deposito delle motivazioni, mette in subbuglio un mercato in grande espansione.
Secondo i giudici, nello specifico, “la commercializzazione di cannabis sativa L. e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge 242 del 2016”.
Pertanto le condotte di cessione, vendita e in genere la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa “integrano il reato” previsto dal testo unico sugli stupefacenti del 1990 all’articolo 73 “salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante”, come ad esempio le caramelle.
In gennaio la Cassazione aveva stabilito che la vendita di prodotti a base di marijuana light è legale, annullando un sequestro avvenuto ai danni di un punto vendita di Prato. L’importante era dimostrare che viene rispettato il famoso tetto dello 0,6% e che la materia prima provenga da coltivazioni legali.
La nuova decisione piace in primis a Matteo Salvini
Nel corso della campagna elettorale infatti il ministro dell’Interno aveva annunciato la volontà di chiudere “uno per uno” tutti i punti vendita di Cannabis Light e dei suoi derivati. “Siamo contro qualsiasi tipo di droga, senza se e senza ma, e a favore del divertimento sano”, commenta soddisfatto il responsabile del Viminale. “Questa decisione conferma le preoccupazioni che abbiamo sempre manifestato in relazione alla vendita di questo tipo di prodotti e la bontà delle posizioni espresse e delle scelte da noi adottate fino ad oggi”, gli fa eco il Ministro per la Famiglia con delega alle politiche antidroga, Lorenzo Fontana. E da Giorgia Meloni, così come dal Movimento Italiano Genitori, arriva subito l’invito al governo gialloverde a: “chiudere immediatamente i cannabis shop”.
Dall’altra parte della barricata ci sono invece i Radicali Italiani, da sempre strenui sostenitori della legalizzazione delle droghe leggere, che temono si tratti di una “sentenza politica in linea con il volere di un ministro che ha annunciato un’offensiva nei confronti della cannabis light”. Non solo, la questione investe infatti uno dei settori più promettenti dell’agricoltura italiana. “Come è possibile che in un Paese a crescita zero, dove ci si arrovella da decenni su come rilanciare il settore agricolo, ci si accanisca per mero pregiudizio su uno dei più floridi settori industriali?”, si chiedono i Radicali.
Una considerazione rinforzata dai dati della Coldiretti secondo cui In Italia nel giro di cinque anni sono aumentati di dieci volte i terreni coltivati a cannabis sativa, dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018 nelle campagne. Pertanto il presidente Ettore Prandini chiede “l’intervento del Parlamento” per sbrogliare una difficile matassa dove è necessario tutelare i cittadini senza compromettere le opportunità di sviluppo del settore con centinaia di aziende agricole che hanno investito nella coltivazione in tutta Italia.
(LaPresse)