CASAL DI PRINCIPE – Undici anni fa l’agguato: Michele Orsi venne assassinato davanti al Roxy Bar di corso Dante. Chi ha organizzato il raid, chi ha premuto il grilletto, chi ha dato la ‘battuta’ sono stati tutti arrestati e dichiarati colpevoli. Ma alla storia della ‘cellula impazzita’, al racconto di un Giuseppe Setola incontrollato che spargeva sangue nell’Agro aversano, Miranda Diana non crede.
I pentimenti ‘eccellenti’
La moglie dell’imprenditore ucciso nel giugno del 2008 a Casal di Principe vuole la verità: “Dal primo giorno questa storia non mi ha convinto. Sono stati condannati gli esecutori materiali, un esercito, ma ci sono altre persone dietro, i famosi mandanti”. La signora ha fatto nomi e cognomi: “L’ho detto tante volte alla Dda, ma non vengo mai ascoltata”. La camorra, l’affare rifiuti che faceva (fa) gola a tanti imprenditori, l’emergenza ambientale da affrontare e la politica: ci sarebbe una trama nascosta e complessa che ha portato alla morte di Michele Orsi. A spingere la donna a riaprire la ferita, a tornare a parlare pubblicamente della morte del marito sono stati i nuovi ‘pentimenti eccellenti’.
L’incognita Schiavone
“La mia speranza è che Nicola Schiavone possa dire la verità”. Il primogenito di Sandokan da luglio ha iniziato a collaborare con la giustizia. “Anche con Antonio Iovine (pentito dal 2014, ndr.) – ha continuato la Diana – il pm Antonello Ardituro disse: ‘Speriamo che adesso venga alla luce la verità’. Poi nulla”.
Il figlio di Francesco Schiavone fino al 2010 è stato il capo della cosca. “Credo sia inverosimile che una persona che esegue un omicidio a Casal di Principe non gli andava a chiedere il permesso. Se è vero che Giuseppe Setola ha agito come una cellula impazzita, significa che tutto ciò che sta dicendo Nicola Schiavone ora non vale”.
L’affare rifiuti
La vedova Orsi ha ricordato i giorni prima dell’assassinio: “Michele era preoccupato”. Aveva reso alcune dichiarazioni ai pm della Dda sul business monnezza. Era il tempo dell’Eco4. “E quando iniziarono ad uscire gli articoli sui quotidiani– ha proseguito la donna – ogni giorno temeva che gli potesse succedere qualcosa. Il suo avvocato andava e veniva dalla Procura chiedendo protezione. Ma non è stato tutelato. Dicevano che era un criminale, che era socio dei Bidognetti. Lui pagava i Bidognetti”. Non solo Schiavone. A far sperare la vedova che si possa chiarire il rapporto tra suo marito e la cosca di Cicciotto ‘e mezzanotte c’è pure una nuova collaborazione con la giustizia: “Adesso ‘o puffo si è pentito. Raffaele Bidognetti (figlio del boss Francesco) deve dire la verità”.
“Vogliamo giustizia”
Sono trascorsi 11 anni, ma resta il dolore familiare: “Dopo la morte di mio marito si sono tutti allontanati, anzi in molti hanno sciacallato sulle nostre vite”. A seguito dell’assassinio, la moglie e i figli di Orsi vennero messi sotto protezione: “Fummo trascinati in cento località, facemmo l’ultima tappa a Grosseto, poi decidemmo di tornare. Non potevo lavorare neppure. Ora viviamo nella casa che ci ha lasciato Michele”. Sono trascorsi 11 anni, e resta pure il timore: “Mio figlio due anni fa è stato coinvolto in un grave incidente. Fu tamponato all’uscita di Casal di Principe da un camioncino. L’autista lo vide rimbalzare sul guardrail e poi andò via. Fu salvato da alcuni pescatori di Nola. E allora i dubbi ti assalgono. E i dubbi vengono anche quando passa una macchina più veloce davanti casa”. Ma Diana non ha intenzione di lasciare la città: “Noi non andiamo via da Casale, forse lo faremo quando sarà fatta giustizia”.