Non ci è riuscito Carlo Calenda (migrato a destra), non ci sono riuscite le sconfitte elettorali: a smembrare il Partito Democratico, ad ‘epurare’ la parte renziana, ora, rischia di essere l’indagine su Luca Palamara e le nomine decise dal Csm.
Luca Lotti, coinvolto nello scandalo con togati e membri ‘laici’del Consiglio superiore della magistratura, seppur fin dall’inizio si è difeso a spada tratta dalle accuse, ieri dopo le parole di Luigi Zanda, tesoriere dem, rilasciate al Corsera, ha deciso di autosospendersi dal partito. Ha scritto una lunga lettera indirizzata al segretario Nicola Zingaretti, nella quale ha messo nero su bianco il suo non voler prendere parte al ‘festival dell’ipocrisia’ che sta andando in scena nel Pd: “Tu li conosci meglio di altri – ha detto al governatore del Lazio – anche perché te ne ho parlato in modo franco nei nostri numerosi incontri”.
Ma Lotti è stato ed è un uomo ‘forte’ di Matteo Renzi. Metterlo alle corde, porlo in una condizione di doversi fare di lato, ha provocato una reazione dura del gruppo guidato dal fiorentino. Ed ora l’idea di una frattura irreversibile tra i renziani e l’altra parte del Pd non è più fantascienza: “Il Pd deve chiarirsi su un principio fondativo, il garantismo non può essere usato a fasi alterne, o a seconda delle aree politiche – ha dichiarato Andrea Marcucci -. Chi ha speculato su questa vicenda, anche dentro il Pd, sappia che difenderemo in tutti i modi, e in tutte le sedi, la sua natura profondamente garantista. Fiera di essere a fianco di Luca anche ora. A testa alta, sempre. Noi andiamo avanti”, gli ha fatto eco Simona Malpezzi rispolverando un lessico marcatamente renziano.
Parallelamente c’è un problema oggettivo. La vicenda ‘Palamara’ ha dimostrato (al di là degli esiti giudiziari che si sapranno probabilmente fra anni) la fallacità di un sistema, quello del Csm, che gestisce dinamiche importanti di uno organi cardini della democrazia: la magistratura. Ieri Zingaretti ha messo sul piatto l’esigenza di una riforma. E l’assist potrebbe essere raccolto dal ‘governo del cambiamento’: un’occasione per dare concretezza agli slogan.