MANAMA – Al via la conferenza di Manama, in Bahrain, in cui gli Usa presentano il proprio piano di pace economico per il Medioriente, soprannominato ‘Dalla pace alla prosperità’. Dopo oltre due anni di attesa, l’amministrazione di Donald Trump illustra oggi e domani l’iniziativa economica del suo piano per risolvere il conflitto israelo-palestinese. Il tutto, però, in assenza dei palestinesi, che boicottano l’iniziativa ritenendo totalmente inopportuno affrontare l’aspetto economico senza una soluzione politica. “Non possiamo accettare che l’America trasformi questa causa, che è politica, in una causa economica”, ha spiegato il presidente palestinese, Mahmoud Abbas.
Gli Usa presentano il piano di pace per il Medioriente
Ad aprire la conferenza è stato Jared Kushner, genero di Trump e suo consigliere per la sicurezza nazionale. Per lui il piano economico Usa per il Medioriente è “l’opportunità del secolo” per i palestinesi e il fatto che loro lo accettino è “una precondizione per la pace”.
Il tycoon ha voltato le spalle all’approccio classico nell’affrontare la questione mediorientale, scegliendo di lasciare da parte i nodi spinosi, cioè il controllo della Cisgiordania, la creazione o meno di uno Stato palestinese e altre questioni politiche, su cui da decenni si concentrano gli sforzi diplomatici.
Il discorso a Manama
La sua idea è la seguente: prima occuparsi dell’economia, la politica seguirà. Kushner, tuttavia, nel discorso di apertura a Manama ha chiarito che comunque successivamente sarà necessario affrontare i problemi politici. “Per essere chiaro, crescita economica e prosperità per il popolo palestinese non sono possibili senza una soluzione politica duratura ed equa al conflitto – una che garantisca la sicurezza di Israele e il rispetto della dignità del popolo palestinese”, ha detto.
I dettagli del piano
Il piano ‘Dalla pace alla prosperità’ prevede di raccogliere 50 miliardi di dollari di investimenti internazionali per i territori palestinesi in 10 anni. Secondo gli americani, questo potrebbe anche portare, grazie a grandi lavori e allo sviluppo del turismo, la creazione di un milione di posti di lavoro per i palestinesi. Ma i palestinesi hanno già respinto l’iniziativa ritenendo che si tratti, da parte di un Trump apertamente pro-Israele, del tentativo di comprarli, in cambio della loro rinuncia a ottenere lo Stato al quale aspirano.
La protesta dei palestinesi
Intanto i palestinesi protestano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Migliaia di persone sono scese in strada per protestare contro il lancio del piano di pace Usa: da Nablus a Ramallah a Hebron. E nella Striscia di Gaza – governata da Hamas – la maggior parte di negozi e ristoranti è chiusa in risposta a un appello allo sciopero. Alcune foto di Trump sono state bruciata durante una piccola manifestazione guidata da donne nel nord della Striscia.
La linea del premier israeliano
Per il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, questa bocciatura è la prova che i palestinesi non vogliono davvero la pace. “Non capisco come i palestinesi abbiano respinto il piano prima ancora di sapere cosa contenga”, ha dichiarato, lui che nei mesi scorsi aveva evocato la possibilità di annettere una parte dei territori occupati, il che porrebbe fine alle speranze dei palestinesi di arrivare a fondare un proprio Stato. Dal canto suo l’ambasciatore Usa in Israele, David Friedman, ha fatto sapere che il suo Paese potrebbe accettare questa annessione e l’amministrazione Trump ha spiegato che la parte politica del suo piano potrebbe non fare alcun riferimento, nella sua parte politica, a uno Stato palestinese, contrariamente a ciò che la diplomazia americana ha difeso per decenni.
La tesi di Trump
Il presidente Trump ha già riconosciuto Gerusalemme capitale di Israele, in rottura con decenni di consenso internazionale. E Jared Kushner è un amico di famiglia di Netanyahu. La maggior parte dei Paesi europei ha scelto di non assistere alla conferenza, dove saranno rappresentati soprattutto gli Stati del Golfo, che dovrebbero finanziare la parte principale del piano se verrà applicato.
La questione in Medioriente
Giordania ed Egitto, i due soli Paesi arabi ad aver firmato un accordo di pace con Israele, hanno inviato a Manama dei diplomatici di secondo livello. Il ministero degli Esteri giordano, tuttavia, ha sottolineato che “nessuna proposta economica potrebbe sostituire una soluzione politica che metta fine all’occupazione” dei territori palestinesi. Anche il Marocco è rappresentato da un funzionario. Ci saranno inoltre i ministri delle Finanze dei Paesi arabi del Golfo, il segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin, la direttrice generale del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde, il presidente della Banda mondiale David Malpass e l’ex premier britannico Tony Blair.
In assenza dei principali interessati, la conferenza secondo gli esperti non dovrebbe arrivare a risultati tangibili. Ma questo permetterà all’amministrazione Usa di provare ad avvicinare gli Stati del Golfo al loro principale alleato nella regione, Israele, in un’ottica anti Iran.
(LaPresse/AFP)