MILANO – Solidi legami tra Cosa nostra e massoneria. Sono emersi da un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che ha portato al fermo da parte dei carabinieri di sette persone: Giovanni Lauria; il figlio Vito; Angelo Lauria; Giacomo Casa; Giovanni Mugnos; Raimondo Semprevivo; Lucio Lutri.
Il ruolo della famiglia mafiosa
Al centro delle indagini la famiglia mafiosa di Licata, nell’agrigentino, al cui vertice è risultato Giovanni Lauria, detto “il professore”, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa, che presiedeva riunioni e incontri con gli altri associati, gestiva e pianificava tutte le attività e gli affari illeciti, mantenendo il collegamento con esponenti di altre famiglie mafiose della Sicilia orientale.
Dagli approfondimenti su Lauria è emerso il ruolo di Lucio Lutri, funzionario della Regione Siciliana e al tempo Maestro venerabile della loggia massonica di Palermo, che “ha sistematicamente messo a disposizione della consorteria mafiosa la privilegiata rete di rapporti intrattenuti con altri massoni professionisti ed esponenti delle istituzioni”.
Le intercettazioni
Anche Vito Lauria era all’epoca delle indagini Maestro venerabile, a Licata. Lutri passava informazioni riservate sulle attività di indagine in corso a carico della cosca e cercava di favorire gli interessi di quest’ultima. Di lui un altro dei fermati, Giovanni Mugnos, in un’intercettazione, diceva che “ha due facce”, “come se io la mattina quando mi sveglio e con una mano tocco il crocifisso e ‘dra banna’ ho il quadro di Totò Riina e mi faccio la croce”.
Legami tra cosca e massoneria
La cosca sperava, grazie ai rapporti internazionali dell’allora Maestro venerabile, anche di estendere i propri interessi all’estero. Il massone, per contro, riceveva aiuto. Ad esempio aveva chiesto a Casa di costringere un imprenditore restio a onorare un debito nei confronti di una persona a lui vicina. La rete di favori ed entrature che Lutri garantiva alla famiglia mafiosa di Licata veniva quasi rivendicata con orgoglio da lui stesso, come avviene in un dialogo con Mugnos in cui esclama compiaciuto: “Ma chi minchia ci deve fermare più?”.
(LaPresse/di Silvia Caprioglio)