MILANO – “Forse una separazione consensuale potrebbe aiutare a evitare le liti di condominio. Si possono fare cose bellissime insieme, ma non è necessario abitare nella stessa casa, come ha sottolineato anche Goffredo Bettini”. Così il sottosegretario agli Esteri dem Ivan Scalfarotto in un’intervista al Corriere della sera sulla possibile uscita dei renziani dal Pd. “Non è stata ancora fissata una data, vediamo anche che cosa succederà alla Leopolda. Però sì, direi che a questo punto il progetto è in un certo stato di avanzamento”, spiega a proposito della costituzione di gruppi parlamentari autonomi, “capisco le recriminazioni territoriali: ogni volta che c’è un governo nuovo si dice che è troppo squilibrato verso il Sud o verso il Nord… Anche Beppe Sala dichiara che Milano è stata snobbata. Ma il casus belli non è certamente la questione toscana”.
L’intervento del sottosegretario agli Esteri dem
“Se il Pd si sposta sempre più a sinistra e diventa il partito che alle Feste dell’Unità canta Bandiera rossa, per una certa cultura politica lo spazio si fa troppo stretto. È difficile restare se tornano i D’Alema e i Bersani”, rimarca Scalfarotto, “è un problema politico. Se si parla di redistribuzione del reddito, questo reddito va prodotto. Io ci proverò con la mia delega all’export, mi occuperò del made in Italy. Poi servono infrastrutture, attenzione al mondo delle imprese, un mercato del lavoro che funzioni… Credo che ci siano visioni diverse su questi temi. Inoltre, Renzi ha voluto un governo per salvare il Paese ed ha subito solo fuoco amico, e questo rende molto complicato restare insieme”.
“Non usciremo certo dal governo. Perciò, al contrario, l’anima più liberal dell’elettorato potrebbe trovare in noi una rappresentanza. Forse si parlerebbe anche a quei mondi, espressi dal gruppo Misto o da Forza Italia, che si sentono a disagio con la sinistra più tradizionale”, spiega il sottosegretario agli Esteri, “noi siamo pronti con qualsiasi legge, ma penso che la riduzione del numero dei parlamentari consigli una legge elettorale proporzionale perché, altrimenti, intere zone del Paese o diverse culture politiche non potrebbero essere rappresentate. E, se con il maggioritario ci si deve unire prima del voto per conquistare il premio di maggioranza, in un quadro proporzionale si può marciare divisi per poi colpire uniti”.
(LaPresse)