ROMA – “Hai visto Ugo? Già cammina con la spilla di Alberto da Giussano sul petto. Che schifo”. Ugo è Grassi, il senatore che ha lasciato il Movimento 5 Stelle per accasarsi sotto l’effige della Lega. E questo è solo uno dei tanti dialoghi tra senatori pentastellati, durante le pause dei lavori – pensando di non avere ‘orecchie indiscrete’ ad ascoltarli – per commentare il clamoroso cambio di casacca del loro ex collega.
Commenti duri sui social
L’addio di Grassi era nell’aria da giorni, ma la bomba è esplosa al momento del voto sulla risoluzione di maggioranza sul Mes, quando il professore ordinario di Diritto civile ha pubblicamente annunciato il suo addio al Movimento, in cui dice di non riconoscersi più.
Il j’accuse è chiaro
“Decide solo il vertice e i parlamentari non vengono ascoltati o, peggio ancora, vengono considerati solo nel momento in cui si deve schiacciare un bottone”. Le orecchie di Di Maio devono aver fischiato parecchio nelle ultime 48 ore. Ma non ci sta il capo politico a fare da parafulmini, così prova a bloccare il fuoco di fila spostando il mirino verso Matteo Salvini: “La Lega ha aperto il mercato delle vacche, tiri fuori anche il listino prezzi e ci dica quanto costa un parlamentare al chilo”.
La rabbia è evidente
“Queste persone si fanno comprare da Salvini nelle stesse ore in cui viene indagato. Complimenti per il tempismo, Berlusconi a confronto era un pivello”. Il ministro degli Esteri picchia duro, chiede implicitamente una legge contro i cambi di casacca e morde: “Il potere ti tenta. E qualcuno si fa fagocitare”. Grassi è solo la punta dell’iceberg, perché a votare no al Mes sono stati anche altri 5 Stelle, come Stefano Lucidi e Francesco Urraro. Che infatti lo seguono nell’avventura con il Carroccio. Andando via, però, Lucidi lascia una mina tra gli ex colleghi: “Il malcontento è estremamente diffuso”, svelando che ci sono “decine” di senatori pronti a uscire per dare vita a un nuovo gruppo parlamentare.
Salvini è un animale politico navigato, perciò colpisce dove la ferita sanguina: “Grillo e Di Maio hanno tradito un ideale per la poltrona, la coerenza non è in vendita, ognuno raccoglie ciò che semina”, ma “capisco la disperazione di un partito che sta evaporando”. Il leader pentastellato è sotto pressione, teme che le voci di corridoio sulla ventina di parlamentari pronti a uscire possano essere vere, così rievoca paragoni inquietanti per chi ha abbracciato il Movimento: “Ricordate gli Scilipoti di Berlusconi? L’elenco di politici che si sono venduti al diavolo per pochi spiccioli o per una poltrona più comoda e più sicura potrebbe essere lunghissimo”.
Il caos di casa M5S oscura tutto, anche la candidatura del consigliere comunale di Forlì, Stefano Benini, alla presidenza della Regione Emilia Romagna. Ormai anche la querelle delle regionali o dell’organizzazione interna passa in secondo piano. Anche in terzo, molto probabilmente.