PALERMO – Una ferita dolorosissima che fa fatica a rimarginarsi. Ieri Giuseppe Costa, fratello di Rosaria, è stato arrestato ieri a Palermo in un’operazione della Dia con l’accusa di aver riscosso il pizzo per il clan dell’Arenella. Da ieri è rinchiuso nel carcere palermitano di Pagliarelli con l’accusa di essere stato “un mafioso riservato” al servizio della cosca mafiosa. Per la sorella, vedova dell’agente Vito Schifani, morto il 23 maggio del 1992 nella strage di Capaci è stato come ricevere un nuovo e devastante colpo. “Sono devastata per tutto questo. E’ come se mio fratello fosse morto ieri, purtroppo”, ha detto al quotidiano La Repubblica.
Il dolore della strage di Capaci
Le parole pronunciate da Rosaria il giorno del funerale del marito e delle altre vittime della strage di Capaci sono passate alla storia. “Io Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato… lo Stato… chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia. Adesso, rivolgendomi agli uomini della mafia… perché ci sono qua dentro… e non, ma certamente non cristiani, sappiate che anche per voi c’è possibilità di perdono. Io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare… ma loro non cambiano”. Questa la preghiera disperata di Rosaria Costa. Parole che sono ancora un simbolo di ribellione e di riscatto contro le mafie.
Impegno contro le mafie
“Sono devastata. Ma la mafia non mi fermerà, continuerò il mio impegno”, racconta. All’epoca della strage Rosaria aveva 22 anni e un bimbo di appena 4 mesi. Il suo Vito soli 27 anni. Rosaria vive da anni lontano dalla Sicilia ma ha continuato a lottare contro la criminalità organizzata.