I contagi sono ancora in calo in Italia, e il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, ha posto l’accento sul dato dei nuovi casi: 675 in un giorno, il bilancio più basso da inizio marzo. Sono meno della metà del dato di lunedì (1.363), e portano il totale degli attualmente positivi a 104.291. Ma Borrelli non si sbilancia in previsioni (“Sulle vacanze estive credo che nessuno sappia rispondere”, afferma tra l’altro) ed è ancora una volta costretto a comunicare la morte di altre 602 persone, che portano il totale dei decessi legati al coronavirus a 21.067.
Sono invece 3.186 le persone ricoverate in terapia intensiva, con un decremento rispetto alle ultime 24 ore di 74 unità. In lieve flessione anche il numero dei ricoverati con sintomi che scende da 28.023 a 28.011. E altre 1.695 persone sono guarite: dall’inizio dell’emergenza sono guariti 37.130 pazienti. Dati in sostanza positivi che potrebbero far cominciare a pensare alla ‘fase 2’, sulla quale è al lavoro la task force guidata da Vittorio Colao. Ma Borrelli, che ne fa parte, non si sbilancia: “La task force sta lavorando con grande impegno ma non faccio rivelazioni. Sarà il capo a decidere cosa comunicare e quando. Il loro lavoro è a beneficio del governo che poi prenderà le decisioni”.
Mentre si studiano le mosse future anche sul fronte sanitario: “All’esame del Comitato tecnico-scientifico c’è un piano che prevede il coinvolgimento e il rafforzamento della medicina territoriale. La sinergia che deve esserci tra ospedali e territorio è la chiave di volta per il futuro per tutelare quella porzione di popolazione che ha bisogno di tutela costante, duratura, senza passi indietro”, spiega Massimo Antonelli, membro del Cts. Antonelli, durante il consueto punto stampa della Protezione civile, sottolinea un dato: “I ricoverati nelle terapie intensive della Lombardia sono stati 3.862, di cui dimessi 1.296 e degenti 1.240, con un 65% di sopravvivenza. Nel Lazio, dove l’impatto è più contenuto, i numeri sono più bassi. Ma abbiamo circa 500 pazienti, di cui un quarto dimessi e un quarto degenti, eppure il tasso di sopravvivenza è lo stesso, il 65%”.
Quanto all’appiattimento della curva, Antonelli conclude che non è dovuto a una minore virulenza del Covid-19: “La severità delle condizioni dei pazienti che arrivano in terapia intensiva è la stessa. Non credo che il virus sia meno virulento ma che le misure di contenimento abbiano giocato un ruolo maggiore”.