“La scelta di realizzare abiti che durano 12 mesi l’anno, seguendo le caratteristiche climatiche, di non produrre con un anno di anticipo, e l’e-commerce a stretto contatto con le clienti ci hanno salvato nell’emergenza Coronavirus. Non abbiamo subito un blocco totale, ma abbiamo continuato a vendere”.
È l’approccio al mercato di Le Twins, marchio delle stiliste e imprenditrici umbre, Sara e Tania Testa, rivelatosi fondamentale per affrontare lo tsunami che ha travolto il settore della moda con la pandemia e con lo stop della produzione per il lock down. “Certo anche noi non abbiamo potuto fare fotografie dei nostri ultimi prodotti, ma stiamo continuando a vendere con l’e-commerce. Con il nostro ‘Real time style’, orientato dalla selezione dei tessuti italiani, per lo più naturali ed ecosostenibili, noi non puntiamo tutto sulla stagionalità, ma sul naturale flusso del tempo. E’ così che i capi di un anno fa sono perfetti anche adesso”, spiega Sara Testa.
DOMANDA In cosa ha fatto la differenza il vostro approccio di fronte al Covid 19?
RISPOSTA La nostra filosofia è creare vestiti massimizzando la vestibilità, facendo sentire belle le donne: creare un abito che ‘tolga il pensiero’ di cosa indossare. Ma non solo: le nostre collezioni sono sempre state frutto della capacità d’ascolto delle reali condizioni climatiche e del dialogo continuo con le clienti. La nostra innovazione è stata sin dall’inizio vendere i prodotti seguendo le caratteristiche meteorologiche e le richieste delle clienti. Se a novembre fa ancora caldo noi siamo in grado di produrre e vendere abiti leggeri. E se fa ancora freddo ad aprile, quando tutti i negozi hanno già in vetrina capi estivi, noi vogliamo offrire prodotti invernali, consapevoli del fatto che siamo di fronte a un cambiamento climatico. Si può dire che le nostre collezioni durano 12 mesi l’anno. Non ci è mai piaciuto dare la classica definizione di estate-inverno della moda. E il mercato lo ha capito.
D. Che effetti avrà sul vostro business l’emergenza?
R. In questo momento di disagio è stata avvalorata la nostra visione: ci ha permesso di avere pronti dei quantitativi di abiti che siamo riusciti a vendere. E non abbiamo avuto il problema di prodotti rimasti invenduti o non ritirati e non pagati dai clienti. Certo, non abbiamo i vestiti nei nostri negozi, che sono cinque, e per questo stimiamo un impatto negativo del 30%. Stiamo inoltre preparando un sistema da proporre ai rivenditori per facilitare la gestione delle vendite attraverso l’ormai indispensabile innovazione tecnologica.
Abbiamo controbilanciato con l’e-commerce, su cui avevamo già puntato, basato sul contatto diretto con le clienti. E in queste settimane, proprio attraverso questo canale, abbiamo avuto un incremento delle vendite.
D. Siete pronti alla fase 2?
R. In Emilia Romagna, dove ci sono i nostri laboratori a conduzione familiare, siamo pronti a ripartire con le misure di sicurezza richieste.
D. Che messaggio avete lanciato alla vostra community in queste settimane?
R. Abbiamo sempre proposto i nostri capi alle amiche, in diversi circuiti e con il passaparola. Le clienti creano da sempre un legame con noi. In queste settimane particolari il nostro messaggio è stato: ‘Restate a casa, ma non in pigiama’, continuate a curare il vostro stile con un bel vestito.
D. Giorgio Armani ha detto che è tempo di togliere il superfluo e ridefinire i tempi nella moda.
R. Si, va rivisto il modello di business. Non solo condividiamo il messaggio di Armani, ma noi abbiamo sempre reputato che avere già a giugno nei negozi le collezioni invernali e a gennaio quelle estive fosse un controsenso. Un mercato sempre più globale per definizione non dovrebbe avere stagionalità. Perché la stagionalità è un paradosso controproducente che impatta molto sulla qualità e sulla vita di un prodotto, da sempre caratteristiche del Made in Italy.
(Laura Carcano – LaPresse)