TORINO – Oltre 40mila imprese del comparto turistico italiano rischiano il fallimento a causa della pandemia di coronavirus, con una contrazione del fatturato di almeno 10 miliardi di euro. Una ‘mortalità imprenditoriale’ che si ripercuoterebbe ovviamente sul mercato del lavoro, con una perdita di oltre 184mila posti, un addetto su 10, secondo lo scenario prospettato da Demoskopika per il 2020, nell’ipotesi di una graduale cessazione degli effetti della crisi sanitaria. Solo nei primi tre mesi di quest’anno sono già state registrate quasi 7mila unità in meno come saldo tra iscrizioni e cessazioni, il peggiore bilancio nel sistema turistico dal 1995 a oggi.
Il rischio
“Migliaia di posti di lavoro nel comparto turistico sono appesi al filo di un integrato piano di provvedimenti che deve sostenere il sistema a superare la crisi in tempi rapidi. Un organico pacchetto di misure che, almeno ad oggi, stenta a vedere la luce e senza il quale sarà difficile coprire le insolvenze e scongiurare i fallimenti degli operatori della filiera”, rimarca il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio, secondo cui sono necessarie misure di supporto economico per gli adeguamenti sanitari necessari alla ripartenza in sicurezza, come la suddivisione degli spazi comuni per il distanziamento sociale, l’ammodernamento tecnologico per self-check in, la sanificazione dei locali; sostegno alla liquidità anche mediante finanziamenti a tasso zero e a fondo perduto; buoni vacanza per le famiglie o detrazione della spesa dei soggiorni; smobilizzo dei crediti delle imprese verso la pubblica amministrazione.
Le regioni più a rischio
È il Piemonte, con l’1,79%, a registrare il più elevato tasso di decrescita delle imprese turistiche, immediatamente seguito dal Friuli Venezia Giulia (-1,77%) e dalle Marche (-1,76%). Quanto all’occupazione, poco meno di 31mila sarebbe la perdita quantificata di posti nel solo sistema turistico della Lombardia, a cui seguirebbero il Veneto (-18.597 addetti), il Lazio (-18.095), l’Emilia-Romagna (-16.823) e la Toscana (-14.302). In coda, per il rischio di perdita di posti di lavoro in valore assoluto, Umbria (-2.625), Basilicata (-1.289), Valle d’Aosta (895) e Molise (667).
Di Silvia Caprioglio