MARANO – Una Smart contro il muro, dei bossoli, una pistola e un Rolex sull’asfalto, uno scooter T-Max abbandonato. E due cadaveri. Quelli di Ciro Chirollo, 30 anni, e di Domenico Romano, 40 anni, entrambi di Sant’Antimo. Questa la scena agghiacciante davanti alla quale si sono trovati gli agenti della polizia municipale di Villaricca ieri sera in via Antica Consolare Campana.
I vigili urbani hanno immediatamente chiamato, intorno alle 20, i carabinieri che si sono recati sul posto e hanno cominciato i rilievi per ricostruire l’accaduto insieme al magistrato di turno chiamato ad aprire le indagini. Per ore i militari dell’Arma hanno lavorato all’identificazione dei due cadaveri e del proprietario della Smart, lasciata contro il muro desolatamente vuota, e del T-Max. Tra prime le ipotesi vagliate quella di un terribile incidente stradale tra lo scooter e la vettura che avrebbe portato alla morte delle persone che le stavano guidando. Ma il fatto che uno dei due corpi fosse completamente vestito di nero e indossasse un passamontagna ha portato gli investigatori a muoversi con più decisione sull’ipotesi di una rapina finita male. A suffragare questa tesi anche la presenza dell’orologio di lusso finito sul selciato e non indossato dagli uomini che hanno perso la vita. Quello con il passamontagna aveva la testa fracassata, probabilmente a causa dell’impatto con l’asfalto.
Gli investigatori della compagnia di Marano hanno scandagliato la zona anche per verificare la presenza di telecamere di videosorveglianza che potrebbero dare un contributo fondamentale a indagini che si preannunciano parecchio complesse, contestualmente alla ricerca di possibili testimoni dell’accaduto. I militari hanno anche cercato con attenzione nei terreni circostanti per verificare la presenza di tracce o altri indizi utili. In tarda serata sul posto sono arrivati anche la polizia mortuaria, il medico legale e ancora uomini della scientifica che insieme ai vigili del fuoco hanno offerto il loro supporto. Nessuna pista può essere esclusa, al momento. “Impossibile capire nel dettaglio entro stasera cosa è successo”, sussurravano i militari presenti in via Consolare Campana. Momenti di tensione a mezzanotte quando sul luogo della tragedia arrivate alcune persone, probabilmente familiari di uno dei due, che temevano per la sorte del loro figlio non tornato a casa. Urla, scene di disperazione, la paura di notizie certe e di un verdetto atroce. Una tragedia che lascia senza fiato in una notte di primavera fredda e carica di misteri.
Ugo e Luigi, l’incubo che si riaffaccia
MARANO (Domenico Cicalese) – Non si fa altro che parlare di questo. Da settimane. Nelle ore in cui il dibattito pubblico napoletano è animato dalla questione dei murales dedicati a personaggi contestati, rapinatori e malavitosi vari, esempi negativi da non seguire e soprattutto non far emulare dalle nuove generazioni, e sulla necessità di lasciare o meno le celebrazioni dipinte sulle pareti della città, nella provincia Nord succede che due presunti banditi perdano la vita nel tentativo di rapinare un automobilista. Via Consolare Campana come via Generale Orsini e via Duomo. Geografia di una città che dalla tarda serata di ieri sera si ritrova a dover fare i conti con una tematica che non vuole saperne di sfumare via. Indagini a parte, la vicenda avvenuta a Marano – basata al momento su una prima ricostruzione che ha ancora bisogno dei riscontri definitiva – ricorda molto da vicino le morti di Ugo Russo (nel tondo a sinistra) e Luigi Caiafa (nel tondo a destra). Il primo perse la vita nella notte del primo marzo dell’anno scorso a Santa Lucia, in un sabato sera in cui la Napoli ‘bene’ non aveva ancora conosciuto la pandemia. Quindici anni, tutta una vita davanti, il ragazzino dei Quartieri Spagnoli provò a rapinare un giovane che si trovava in auto assieme alla fidanzata. Era un carabiniere in abiti civili. Il militare, un 23enne dell’hinterland napoletano in servizio in provincia di Bologna, reagì aprendo il fuoco e centrando Ugo alla nuca spalle e al torace. Il 15enne morì sul colpo. Dalle indagini emerse che, prima di premere il grilletto, il carabiniere si qualificò. Ancora oggi la famiglia e gli amici invocano di Ugo Russo chiedono verità e soprattutto giustizia. Proprio ieri si discuteva di una scritta in suo onore riapparsa a Materdei, sulle pareti della fermata metro di piazza Scipione Ammirato, cinque giorni dopo le operazioni di rimozione. E poi c’è Luigi Caiafa. Dopo otto mesi la storia si è ripetuta: un 17enne ucciso (stavolta da un poliziotto) sempre a colpi di arma da fuoco, sempre di sabato sera (era il 4 ottobre) e sempre negli istanti immediatamente successivi a una rapina. Anche Luigi è stato poi osannata sulle mura di Forcella, il ‘ventre molle’ di Napoli, dando spinta alla battaglia in corso tra bombolette spray e sverniciate che affonda le radici in un odio, troppo profondo, covato da una corposa fetta di persone verso tutto ciò che fa rima con istituzioni. Un rapinatore non è mai una vittoria per lo Stato. Non lo è specie se si tratta di un ragazzino. E un giovanissimo che perde la vita mentre compie qualcosa di illegale non fa bene a nessuno. Non fa bene alla società, non fa bene al presente, al futuro e non fa bene nemmeno allo Stato. La speranza è che la lista di volti e nomi sulle pareti della città si interrompi. E che il dibattito pubblico venga animato da altre questioni. Da altro, insomma, che non sia l’eterna sfida tra il bene e il male. Tra Napoli e ‘Malanapoli’.