NAPOLI – Un’operazione che è scattata a seguito di appostamenti mirati. Nei video delle telecamere quei gesti, quelle dinamiche, erano inequivocabili. Il ‘lavoro’ che era stato immortalato faceva riferimento all’attività di una base di spacci. Nel pomeriggio di giovedì i Falchi della squadra mobile, dopo i servizi di osservazione in salita Paradiso, nella zona che fa angolo con vico Rosario a Portamedina, hanno notato due persone che avevano consegnato un involucro in cambio di denaro ad un ragazzo che si è allontanato velocemente. Il blitz non è scattato subito. I poliziotti hanno atteso e quella decisione si è rivelata vincente. Poco dopo, infatti, è giunto un altro giovane che, dopo aver ricevuto un involucro in cambio di denaro da un altro individuo, si è accorto della presenza dei poliziotti e si è dato alla fuga. A quel punto l’appostamento è finito ed è scattato il blitz. Dopo un breve inseguimento il soggetto è stato raggiunto e bloccato in salita Paradiso e trovato in possesso di due involucri che contenevano circa un grammo di cocaina, tre dosi in tutto. I poliziotti, a quel punto, hanno fermato anche i tre venditori trovandoli in possesso di 60 euro. In manette sono finiti la 65enne Patrizia De Luca e i figli di 48 e 47 anni, Gennaro e Pasquale Mancini.
I tre, residenti tra i Quartieri Spagnoli e la Duchesca, sono stati arrestati per spaccio di sostanza stupefacente, mentre l’acquirente è stato sanzionato amministrativamente per detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale. Quello che è singolare è che la donna e i due uomini, sono rispettivamente la nonna materna e gli zii di Ugo Russo, il 15enne rimasto ucciso poco più di un anno fa mentre stava cercando di compiere una rapina ai danni di un carabiniere libero dal servizio che si trovava in un’auto nella zona di via Santa Lucia. Non solo. Gennaro Mancini Fu coinvolto nell’inchiesta aperta sulla devastazione nell’ospedale Pellegrini, dopo che fu diffusa la notizia del decesso del 15enne.
Nel processo che riguarda anche l’incursione armata contro la caserma Pastrengo, si sono costituti parte civile l’Asl Napoli 1 e il Ministero della Difesa. Il pronto soccorso del Pellegrini fu assaltato nella notte tra il 29 febbraio ed il 1 marzo dello scorso anno dopo che parenti ed amici appresero della morte del loro caro. In quella notte di sangue, follia e violenza un nutrito gruppo di persone prese d’assalto il triage del nosocomio rompendo computer, stampanti, telefoni, apparecchiature biomediche, oltre a danneggiare ambulanze e vetture per il trasporto sangue. Oltre ad uno stato di choc tra medici e infermieri, tale comportamento provocò la chiusura del pronto soccorso – danneggiato per circa 12 mila euro – dalle 7,30 fino alle 20 di sera, con il conseguente trasferimento di 8 pazienti. Il gruppo fu individuato grazie alle immagini delle telecamere. Subito dopo quelle violenze, due ragazzi salirono in sella a uno scooter con destinazione via Morgantini dove spararono contro la sede del comando provinciale dei carabinieri. Intanto, ad oltre un anno dalla morte di Ugo Russo l’inchiesta non è ancora chiusa. Anzi, di recente si è allargata e sono spuntati altri indagati: nulla, tuttavia, che c’entri con la vicenda principale che ha visto il carabiniere premere il grilletto in reazione al tentativo di rapina del 15enne dei Quartieri.
Tra le persone indagate c’è anche un altro militare, totalmente estraneo alla vicenda principale, accusato di false dichiarazioni al pm. Una questione che verte intorno ad un video che sarebbe girato in alcune chat e che riprenderebbe l’autore degli spari scendere dall’auto per avvicinarsi al corpo giacente a terra. Una posizione non ancora stralciata e che il suo legale di fiducia punta a chiarire perché convinto dell’estraneità del suo assistito ad ogni contestazione. Per la morte di Russo non è ancora stata depositata l’autopsia né è stato chiarito, di conseguenza, quanti colpi siano stati esplosi dal militare.