MILANO – Il Pnrr va letto “come un’enorme quantità di risorse condizionate alle riforme. Il gioco è completamente diverso. Anche il Piano Marshall fu così: un grande aiuto dopo una catastrofe, che contribuì a formare un clima nel quale il conflitto distributivo si risolse e il Paese potè crescere. Possiamo aprire una finestra di almeno 5 anni di riforme strutturali, sciogliendo nel Recovery tutti i grumi di interessi che bloccano il Paese. Giustizia, pubblica amministrazione, concorrenza, fisco. Sono tutte facce della stessa medaglia. Ma possiamo sciogliere questi egoismi grazie all’unità nazionale e al catalizzatore dei soldi. E questo nonostante le corporazioni e le lobby”. Così il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’.
Le lobby “continuano a esserci. Ma sono rese impotenti. E questo fenomeno si chiama momento Italia”. Secondo Brunetta, ancora, “la credibilità di Draghi è un asset. E il valore è che l’Italia di Draghi può fare deficit e debito senza pagarne le conseguenze nel giudizio dei mercati. Chiunque lo voglia far cadere deve sapere che non potrà fare né deficit né debito, perché non ne ha la credibilità”. Un governo Draghi anche dopo il 2023? “E perché no?”, aggiunge. “È già sceso in politica: è presidente del Consiglio. E in ogni caso il programma del Recovery è di sei anni e vincola anche il prossimo governo. È un contratto. Il piano europeo e gli accordi conseguenti sull’indebitamento, le risorse proprie del bilancio di Bruxelles e il resto sono un contratto con l’Europa che va oltre questa legislatura”.
(LaPresse)