CASAL DI PRINCIPE – Prima del verdetto, la Corte d’appello di Napoli ha voluto interrogare Nicola Schiavone, primogenito del capoclan Francesco Sandokan e dal 2018 collaboratore di giustizia. Prima di assolvere o condannare, i giudici hanno ritenuto opportuno sentire dalla viva voce del pentito le accuse mosse a Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario all’Economia del governo Berlusconi che, per la Dda, ha legato il proprio percorso politico al clan dei Casalesi.
E i legali dell’ex politico (gli avvocati Stefano Montone, Agostino De Caro ed Elena Lepre), dopo aver ascoltato le parole di Schiavone, con le loro domande, mercoledì mattina, hanno fatto emergere quelle che ritengono importanti contraddizioni che potrebbero rimettere in discussione la sentenza di primo grado.
In un verbale reso alla Dda all’inizio della sua collaborazione, Schiavone aveva affermato che sia lui che il clan avevano votato alle Provinciali per Sandro De Franciscis (estraneo al processo ed innocente fino a prova contraria), candidato presidente del centrosinistra.
Ed invece nel corso della penultima udienza, confrontandosi con i quesiti del sostituto procuratore generale Luigi Musto, il pentito aveva affermato che la cosca votò per Cosentino almeno a Casale di Principe e nei comuni limitrofi. Anche martedì, rispondendo alle domande dei legali dell’ex parlamentare, ha ribadito che il gruppo mafioso aveva appoggiato Marcello Schiavone, candidato nella lista di Cosentino. Gli avvocati, prendo atto di quanto detto dal figlio di Sandokan alla Corte e mettendo sul tavolo i verbali di interrogatorio resi precedentemente, hanno evidenziato la discordanza. Alla contestazione, il pentito, assistito dall’avvocato Stefania Pacelli, ha risposto dicendo che probabilmente, quando aveva riferito quella circostanza (su De Franciscis), era sotto stress.
Andando oltre le singole frasi pronunciate, analizzando nel complesso gli interrogatori di Schiavone, emergerebbe che parte del clan dei Casalesi alle Provinciali aveva sostenuto anche l’Udeur di cui Nicola Ferraro era il riferimento regionale. Insomma, la cosca, nella sua organicità, non avrebbe disdegnato di sostenere né centrodestra né centrosinistra. In ogni area avrebbe avuto i suoi riferimenti.
Cosentino, in primo grado, nel 2017, quando ancora Schiavone non aveva iniziato a collaborare con la giustizia, è stato condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Il tribunale sammaritano confermò la tesi della Dda, portata avanti dal pm Alessandro Milita (ora procuratore aggiunto a S. Maria C.V.): Cosentino, secondo l’accusa, aveva garantito appoggio al clan in cambio del sostegno elettorale. Le dichiarazioni di diversi pentiti (senza quelle di Nicola Schiavone), secondo i giudici avevano confermato che c’erano rapporti tra i vertici dei Bidognetti e degli Schiavone con l’imputato.
Al centro dell’inchiesta che ha portato l’ex sottosegretario a processo c’è l’affare rifiuti che a Caserta, agli inizi del Duemila, ha avuto tra i suoi centri di potere il Consorzio Ce4 (con l’Eco4 degli Orsi come braccio operativo). L’ex politico, stando alla tesi degli inquirenti, avrebbe permesso all’organizzazione mafiosa di inserirsi nel settore.
La Procura generale alla Corte d’appello ha chiesto una pena più dura rispetto a quella di primo grado: 12 anni. Si torna in aula a maggio.