ROMA – Sul decreto legge semplificazioni “si sta lavorando” e “ridurre tutto a una bozza in evoluzione rischia di essere riduttivo”. Il provvedimento – il primo promesso alla Commissione europea per velocizzare le opere infrastrutturali e in generale tutti gli appalti del Recovery Plan – di cui sono trapelate alcune bozze, fa discutere nella maggioranza di governo e non solo, rischiando di alzare l’asticella dello scontro anche fuori delle mura di palazzo Chigi.
Per ora il vertice politico sul decreto non si terrà, benché indiscrezioni di stampa lo davano per convocato già per la mattinata di lunedì. I ministri interessati infatti non sono stati richiamati e l’ipotesi è che la riunione si tenga tra martedì e mercoledì, apprende LaPresse, con l’obiettivo di portare il dl in Consiglio dei ministri entro questa settimana. Inoltre il premier Draghi sarà proprio lunedì a Bruxelles per il consiglio europeo straordinario, mentre il ministro Enrico Giovanni sarà a Stresa per il sopralluogo con il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, sul luogo della tragedia della funivia.
L’appalto
A far discutere il ritorno dell’appalto integrato unito al criterio di aggiudicazione basato sul massimo ribasso, oltre alle vistose deroghe alle procedure ordinarie concesse tra cui una Soprintendenza ad hoc per le opere del piano. A salire sulle barricate il segretario della Cgil, Maurizio Landini che minaccia lo sciopero generale: “Così si torna indietro di vent’anni, ai tempi del governo Berlusconi e del suo ministro Lunardi. E abbiamo già visto che cosa significa: riduzione dei diritti per chi lavora sugli appalti, scarsa qualità del lavoro, scarsa qualità delle opere, maggiore insicurezza nei cantieri e, infine, il rischio di alimentare il male oscuro italiano, quello della corruzione e dell’illegalità”.
A fargli eco Nicola Fratoianni, leader di Sinistra italiana, che attacca: “Mai una volta che si tenti attraverso le leggi di proteggere queste persone dalla giungla di contratti e concorrenza senza freni. Fanno bene i sindacati ad evocare lo sciopero generale. Faremo di tutto per fermare questa intenzione e queste norme, in Parlamento e nella società”.
I ministeri
La risposta dai ministeri interessati, tuttavia, è sempre la stessa: “si sta lavorando”. E sulla norma che liberalizza il subappalto, inserita nella bozza circolata venerdì si fa notare che la soglia era già stata aumentata due anni fa dal 30 al 40% per rispondere alle contestazioni della Corte di giustizia europea, secondo cui i limiti imposti dall’Italia erano troppo restrittivi e limitavano la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici. Inoltre torna, sempre secondo le indiscrezioni, ‘l’appalto integrato’, in cui progettazione ed esecuzione dei lavori possono essere oggetto della stessa gara e quindi affidati allo stesso aggiudicatario.
Viene abrogato infatti, per le opere del Recovery, il divieto di affidamento congiunto previsto dal Codice degli appalti. E su questo punto non è d’accordo Paolo Lattanzio, presidente del Comitato sulle infiltrazioni mafiose in epoca Covid in Commissione Antimafia, che giudica la liberalizzazione del subappalto “una scelta inaccettabile”. Secondo il deputato Pd, infatti, “l’innalzamento del tetto dei subappalti agevola offerte ribassiste che ci riportano indietro di anni e soprattutto espone lavoratori e lavoratrici ad un sistema di ricatto, perché le imprese saranno portate” a “fare margine su materiali, paghe e sicurezza”. Con il rischio, rimarca, “di spalancare l’accesso ai fondi del Pnrr alla criminalità organizzata”.
La linea di Salvini
Intanto il leader della lega, Matteo Salvini rilancia lo stop al Codice degli appalti, rispondendo anche alle critiche dei sindacati: “Il Recovery snellisce le procedure sugli appalti con imprenditori felici e sindacati furibondi? Che le snellisca è una fortuna, che i sindacati siano furibondi non direi. Lo sono alcuni. Ma a essere felici saranno gli operai, perché lavoreranno di più. In che condizioni? Nelle stesse che ci sono state per la costruzione del ponte Morandi. Una grande opera fatta in fretta, a regola d’arte, senza incidenti, senza tangenti e senza problemi. In questo dobbiamo seguire l’Europa”. In una intervista a LaStampa, il segretario del Carroccio non ha dubbi: “La via d’uscita finale, su cui stiamo lavorando, è l’azzeramento del codice degli appalti e l’utilizzo delle norme europee che sono più veloci e snelle. E io darei ai sindaci i poteri diretti sulle grandi opere”.
(LaPresse/di Donatella Di Nitto)