NAPOLI – La parola d’ordine per loro è sempre stata rigenerazione. La capacità di trovare una nuova catena di comando, di eleggere un nuovo direttorio, affinché il sistema non avesse intoppi e continuasse a macinare soldi. Negli ultimi anni gli Amato-Pagano hanno subito pesantissime batoste dalle forze dell’ordine e dalla magistratura. Malgrado ciò, hanno mantenuto sempre il passo per trovare un nuovo capo e ricostruire una catena di comando. Partendo di legami di sangue, reali o acquisiti. Proprio le inchieste più recenti hanno consentito di individuare gli assetti di vertice del clan, dopo la cattura di Rosaria Pagano e dei suoi referenti territoriali nel settore degli stupefacenti.
Il ruolo di capo era stato assunto da Marco Liguori, che ha sposato la figlia di Anna Maria Amato, sorella dei capi del clan Raffaele ed Elio. Il boss era coadiuvato da Ferdinando Murolo, noto come Sasamen, suo successore già designato. Il ministro dell’Interno era Salvatore Roselli. I titolari dell’Economia e dello Sviluppo, ovvero gli affiliati a cui era affidata la gestione del settore degli stupefacenti, erano stati individuati in Raffaele Tortora e Sebastiano Aruta. Marco Liguori era al comando del clan e quando era in carcere, dopo l’arresto di Rosaria Pagano, al vertice c’erano Giuseppe Cipressa e Ferdinando Murolo, detto Nanduccio. Una volta scarcerato si è affiancato a questi ultimi ed insieme comandavano Io l’ho visto poco, perché lavorava in una lavanderia a Secondigliano. Di sera quando tornava a casa, prima delle 21,00 perché aveva il libretto rosso. Vicino casa mia a Mugnano, a circa 150 metri, c’è una casa in cui si incontravano Liguori, Cipressa e Murolo. Quando i tre capi dovevano parlare con qualcuno in modo riservato, si chiudevano in una stanza separata.
Spesso nella stanza separata andava Bisio, che gestiva Melito e aveva rapporti con altri clan. Proprio per il principio della ‘rigenerazione’, il sostituto di Luguori era stato già nominato. Si trattava di Fortunato Murolo, finito tuttavia in manette nell’ambito dell’ultimo blitz. Per gli investigatori tuttavia il direttorio si sarebbe già costituito avrebbe già nominato un nuovo capo, affiancato da luogotententi di esperienza e di lungo corso criminale, esattamente come Murolo. Era un tassello importante. Uno dei ‘pezzi’ importanti caduto dalla scacchiera della camorra delle Vele. Mangiato, come si dice in gergo, dagli uomini del Gico della guardia di finanza e della squadra mobile di Napoli. Fortunato Murolo detto Sasamen sarebbe stato il futuro degli scissionisti, per volere dello stesso Liguori. Un progetto di avvicendamento che è stato stroncato sul nascere e che ha spiazzato la cupola di Melito. Stabilire il nome del “presidente del Cda” di un clan non è cosa facile e il nome di Murolo aveva messo tutti d’accordo. Un pezzo importante, cognato di Elio Amato, fu uno dei numerosi vicerè pro tempore dopo la cattura del boss Raffaele Amato. Era riuscito a sfuggire al maxiblitz che decapitò il gruppo degli spagnoli e, da latitante, fu stanato nel 2011 in una villa a Mugnano. Lui viveva però a Scampia, il cuore logistico della camorra dell’area nord. Di quel Risiko metropolitano Murolo era parte attiva. Non un killer o un uomo d’azione, ma un pensatore. Nelle pagine di alcune ordinanze viene descritto come il “ragioniere dell’organizzazione”. L’Antimafia non ne ha ricostruito solo le mansioni, ma anche la modalità di gestione. “Su appositi pizzini tiene la contabilità, appuntando versamenti, cifre, conti dei periodici introiti sia della droga che delle estorsioni” racconta il collaboratore Andrea Parolisi. Quei pizzini, una volta compilati, “venivano riposti dallo stesso Murolo in alcuni nascondigli”.