HONG KONG – Cinque redattori e dirigenti del quotidiano pro-democrazia Apple Daily di Hong Kong sono stati arrestati in base alla legge sulla ‘sicurezza nazionale’, innescando preoccupazioni sul futuro dei media nella ex colonia britannica.
Gli arresti
Tra gli arrestati figurano il direttore, Ryan Law, e il ceo dell’editore Next Digital, Cheung Kim-hung. L’accusa è di collusione con le potenze straniere ed è la prima volta che la legge sulla ‘sicurezza nazionale’ voluta da Pechino per perseguire anche i reati di sovversione, secessione, terrorismo, viene usata contro la stampa. La polizia, che ha perquisito gli uffici della testata con oltre 200 agenti, ha dichiarato di avere raccolto prove sul fatto che più di 30 articoli pubblicati dal giornale abbiano svolto una “parte cruciale” in quella che è stata definita una cospirazione con Paesi stranieri per imporre sanzioni contro la Cina e Hong Kong.
Secondo il capo della sicurezza, John Lee, l’azione del quotidiano “mirava all’uso del lavoro giornalistico come strumento per mettere in pericolo la sicurezza nazionale”. E ancora: “Prendete le distanze da loro, altrimenti tutto quello che vi rimarrà saranno rimpianti”. Parallelamente le forze dell’ordine hanno congelato 18 milioni di dollari di Hong Kong (2,3 milioni di dollari) di beni appartenenti a tre società collegate ad Apple Daily.
La denuncia
“La Hong Kong di oggi – ha denunciato il quotidiano – sembra sconosciuta e ci lascia senza parole. Ci si sente impotenti nel tentativo di fermare il regime dall’esercitare il suo potere a suo piacimento”. La testata ha aggiunto di non avere intenzione di desistere e, tramite il caporedattore esecutivo Lam Man-chung, ha fatto sapere che farà del suo meglio per distribuire come al solito le pubblicazioni. “Lo staff di Apple Daily è deciso. Continueremo a insistere come abitanti di Hong Kong e continueremo a mostrarci all’altezza delle aspettative in modo da non avere rimpianti per i nostri lettori e per i tempi che corrono”.
Il quotidiano, fondato dal magnate dell’editoria Jimmy Lai, condannato a 20 mesi di reclusione a fine maggio per il ruolo avuto nella protesta antigovernativa nel 2019, è stato a lungo una delle voci più critiche nei confronti di Pechino e Hong Kong, denunciando che non abbiano mantenuto gli impegni sul principio ‘un Paese, due sistemi’. Un modello previsto per garantire all’hub finanziario status amministrativo speciale, con durata prevista di 50 anni dal ritorno dell’ex colonia britannica alla Cina nel 1997.
(LaPresse/AP)