Covid, Iss: “Variante Delta al 16%, presto prevalente”. Draghi: “Più test e sequenziamenti”

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Mario Draghi

ROMA – La corsa della variante Delta fa paura: l’incidenza passa dal 4 al 16,8% in meno di un mese e la mutazione scoperta in India rende il virus particolarmente pericoloso perché più trasmissibile di tutti gli altri ceppi.

Il tema finisce sul tavolo del Cts, e ne parla anche il presidente del Consiglio Mario Draghi che, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio europeo, ammonisce: “Bisogna aumentare i tamponi e il sequenziamento, individuare i focolai, reagire e affrontarli”. La variante rischia di far crescere i contagi creando incertezze pesanti sulla ripresa e “non vogliamo trovarci in questa situazione in autunno quando riprenderanno le scuole e si riempieranno i trasporti pubblici”, aggiunge.

Oltre all’attivazione di ‘zone rosse’ lì dove vengano registrati dei cluster, il punto fermo della battaglia al Covid resta la campagna vaccinale: tutti d’accordo, a cominciare dal ministro della Salute Roberto Speranza, sul fatto che nei sieri sia la chiave per superare la pandemia, ma il coordinatore del Cts Franco Locatelli ribadisce che una sola dose non protegge a sufficienza, soprattutto dalla variante Delta.

Intanto il timore è che le carenze di fiale Pfizer e Moderna, al momento le uniche consigliate per gli over 60, rallentino il piano del generale Figliuolo. Secondo il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, con meno forniture si rischia di dover riprogrammare le prime dosi, e sul fronte anziani, in Italia ci sono 2,7 milioni di over 60 che non hanno ancora ricevuto neanche la prima somministrazione.

L’obiettivo resta l’immunità di gregge a settembre e prima di allora, non si stancano di dire da Cts e Ministero, è fondamentale mantenere comportamenti individuali prudenti, o si rischia di ripiombare nell’emergenza.

Infine, per quanto riguarda la circolazione del virus, se la variante Delta è passata in meno di un mese dal 4 al 16.8%, secondo i dati dell’Istituto superiore di Sanità, al momento quella inglese resta la più diffusa (74,9%). Certo è che lo sarà ancora per poco: “Dalla nostra sorveglianza epidemiologica – dice Anna Teresa Palamara, direttrice del Dipartimento Malattie Infettive dell’Iss – emerge un quadro in rapida evoluzione che conferma come anche nel nostro Paese, come nel resto d’Europa, la variante Delta del virus stia diventando prevalente”.(LaPresse)

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