MILANO – I brasiliani hanno marciato in oltre 40 città allo slogan “Fora Bolsonaro”, per chiedere l’impeachment del presidente accusato di aver nascosto reti di corruzione e di essere responsabile della morte di oltre 500mila persone per Covid-19. Le nuove proteste seguono l’autorizzazione della giudice della Corte suprema Rosa Weber a un’indagine sul politico di estrema destra, per la sua reazione alle segnalazioni di potenziale corruzione nel suo governo su un accordo sui vaccini con la casa indiana Bharat Biotech. I dimostranti sventolavano la bandiera verdeoro nazionale, rivendicando un simbolo che Bolsonaro e i suoi sostenitori hanno fatto proprio, e altre a sostegno di Luiz Inacio Lula da Silva. L’ex presidente e fondatore del PT, tornato sulla scena politica dopo l’annullamento delle condanne per corruzione, sarà il decisivo rivale di Bolsonaro alle presidenziali dell’anno prossimo.
Molti dimostranti, però, hanno rivendicato di esser in piazza al di là dell’appartenenza politica, per chiedere la fine di una gestione “genocida” della pandemia tra negazionismo, promozione di farmaci inefficaci, opposizione a vaccini, mascherine e distanziamento sociale, ritornelli sulla difesa di posti di lavoro ed economia. Il Brasile è secondo al mondo per numero di morti confermati con oltre 520mila (dopo gli Usa), terzo per contagi con 18,7 milioni di casi, nei dati della Johns Hopkins University. Solo l’11% dei brasiliani adulti è completamente immunizzato, secondo l’istituto Fiocruz. “Bolsonaro genocida” e “Impeachment subito” le parole scritte su molti cartelli portati dai manifestanti, in gran parte con indosso mascherine. “Se rispettassimo un minuto di silenzio per ogni morto per Covid, resteremmo in silenzio fino al giugno 2022”, si leggeva su uno striscione a Belem.
Per Guilherme Boulos, esponente del partito Psol e promotore delle proteste a San Paolo, le nuove accuse alimentano la già grande rabbia contro Bolsonaro: “Per la prima volta penso che l’impeachment sia una possibilità concreta”. I procuratori indagheranno sulla possibilità che Bolsonaro abbia commesso il reato di “prevaricazione”, cioè ritardata o mancata azione nei doveri pubblici, per motivi d’interesse personale. Il presidente è infatti stato accusato da un esponente del ministero della Salute di non aver agito quando, tre mesi fa, è stato avvertito che alti funzionari avrebbero accettato mazzette per acquistare a prezzo maggiorato dosi del vaccino Covaxin. Lui ha negato.
Nel frattempo, ha fatto notizia Eduardo Leite, ex sostenitore di Bolsonaro e governatore del Rio Grande do Sul. In aperta opposizione alle posizioni dichiaratamente omotransfobiche dell’ex militare al Planalto, il 36enne (che aspira a sfidarlo alle presidenziali) si è dichiarato omosessuale. “Sono gay – sono un governatore gay, non un gay governatore. Come Obama negli Usa non era un nero presidente, ma un presidente nero. E ne sono orgoglioso”, ha detto alla Tv Globo l’esponente del Partito della social democrazia brasiliana (PSDB). Da molti è stato elogiato, da tanti altri criticato. Come Jean Willys, deputato apertamente gay che ha rinunciato al secondo mandato federale a causa delle tante minacce ricevute: Leite non si è mai pentito dell’appoggio a Bolsonaro, che per decenni ha “perpetrato la più vile e squallida omofobia”. Per Willys, che vive in Europa, quella di Leite non è che una mossa per guadagnare voti.
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