Mps, sindacati sul piede di guerra e pronti allo sciopero, ma il titolo chiude in rialzo

Sindacati sul piede di guerra e pronti a indire uno sciopero per chiedere chiarezza sui contorni dell'operazione Unicredit-Mps

Foto Bianchi / Lo Debole / LaPresse in foto Banca Monte dei Paschi di Siena

ROMA – Sindacati sul piede di guerra e pronti a indire uno sciopero per chiedere chiarezza sui contorni dell’operazione Unicredit-Mps. Ma in questo clima il titolo della banca senese corre e dopo una giornata tonica chiude guadagnando l’1,3% a 1,1295 euro.

Nel mirino dei sindacati, oltre ai vertici Unicredit anche il governo, accusato di troppo attendismo, mentre il gruppo di Gae Aulenti pare accelerare sulla due diligence che dovrà portare all’acquisizione di Siena.

“Dopo giorni di inutile attesa, appare evidente come il Ministro Franco ritenga di non dover convocare i rappresentanti dei 21mila Lavoratori del Gruppo MPS, nonostante saranno questi ultimi a subire gli effetti dell’operazione che si sta profilando con molti punti oscuri. Faremo sentire comunque la nostra voce, da Nord a Sud, dalle Filiali, dalla Direzione Generale, dal Consorzio, dalle Società del Gruppo, dai poli distaccati presso società terze”, spiegano in una nota le sigle sindacali di settore Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin.

“Tocca a noi farci sentire dallo Stato, dal Governo, da Unicredit. Abbiamo avviato le procedure per la proclamazione dello sciopero e, daremo vita a un ciclo di assemblee per fare il punto della situazione. Siamo determinati a giocare il nostro ruolo in questa partita perchè la posta è altissima, ma dovremo conquistarcelo”.

Diversi i motivi della protesta: dai “molti punti oscuri” con cui si sta sviluppando l’operazione Mps-UniCredit, alle “indubbie agevolazioni” a favore di UniCredit, ai troppi punti interrogativi sul futuro dei 21.000 dipendenti del Monte dei Paschi: in quest’ultimo caso, il rischio – spiegano le sigle sindacali – è che anche con il ricorso al Fondo di solidarietà l’assegno di diritto ai lavoratori subisca “modifiche peggiorative” o, anche, che gli esuberi non siano alla fine volontari, come dovrebbero invece essere. Tutto questo, a fronte di una “posta altissima”: il futuro della banca.

LaPresse

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